Da Mezzoeuro del 3 luglio scorso, riportiamo un pezzo a firma di Giulia Zanfino sul Gaia Festival 2010, svoltosi tra Calabria e Basilicata dal 19 al 27 giugno scorsi. Come si ricorderà, ad Aiello Calabro, organizzata dal Comitato Civico "Valle Oliva. Terre a perdere", in collaborazione con il Comitato "De Grazia" e la Cgil di Amantea, ha avuto luogo, sabato 26 giugno, la proiezione del documentario del regista calabrese Massimo De Pascale. Un appuntamento al quale hanno partecipato molti cittadini interessati alla vicenda dell'inquinamento nella vallata dell'Oliva.
Il documentario ha ricevuto il premio speciale della giuria del Gaiart.
Brano dell'articolo:
L'ultima spiaggia. Un saggio di geografia disumana
L'altro lavoro premiato, "L'ultima spiaggia. Un saggio di geografia disumana" di Massimo De Pascale, narra la torbida vicenda delle navi dei veleni, ed è stato realizzato con la collaborazione del WWF e del comitato civico "Natale De Grazia". Possiamo definirlo un monumento alla verità, per impostazione e sviluppo narrativo. Con questo film il regista coglie nel segno, e lo fa attreverso una serie di interviste che ricostruiscono la storia delle navi affondate nel Tirreno cosentino, partendo dallo spiaggiamento della Jolly Rosso sino ad arrivare alla contorta vicenda della nave Cunsky che, secondo le recenti dichiarazioni del pentito Francesco Fonti, fu affondata a largo delle coste di Cetraro, con il suo carico di rifiuti radioattivi.
Massimo De Pascale ripercorre questi eventi lentamente, centellinando i fatti, mettendoli insieme, tassello dopo tassello. Come se stesse componendo un puzzle. E la storia cresce, acquista ritmo e si sviluppa attraverso la poetica dell'autore e le testimonianze di chi ha vissuto i fatti, da testimone o vittima, da ambientalista stigmatizzato, tacciato di essere allarmista, o da osservatore incredulo. Una verità soffocata per anni negli abbissi del mare, che riemerge come un urlo di dolore, tra gli scogli del Tirreno. La poesia dei giochi di luce che evocano le verità sottese di questa vicenda fa da cornice a un'opera tecnicamente vincente. Il ritmo e gli scenari si fondono, al crescere dell'intensiatà delle storie narrate. Emergono i volti scolpiti dalla storia dell'entroterra adamantino. Quelli dei pensionati che vivono nelle casette arroccate tra le montagne di San Pietro in Amantea. O in un fazzoletto di terra, ai piedi di Serra d'Aiello. E la gente si apre. Dialoga in presa diretta, diviene parte essenziale di questa pellicola. Così il documentario sfiora una dimensione neorealista. Dove rieccheggiano il sottoproletariato pasoliniano e gli scenari eloquenti e suggestivi di Vittorio De Seta. La capacità critica di Rosi e la drammaticità dell'analisi rosselliniana. E le persone assumono la dimensione di preziosi documenti viventi. De Pascale ne raccoglie la memoria, alla ricerca delle verità nascoste, che giacciono da troppo tempo, sepolte insieme ai fusti radioattivi, nella valle dell'Oliva. E crea un'opera che è una pietra monumentale indelebile, con la quale persino gli scettici dovranno fare i conti. Istituzioni in testa.
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