Non mi dilungo e vengo subito al punto. Ritengo che sia più completo e corretto, inglobare nel territorio "temesiano", oltre a Campora S. Giovanni, Serra D'Aiello, Cleto e Nocera Terinese, anche altri territori limitrofi. E' il caso, per esempio, di Aiello Calabro (Cs). Perché dico questo? Ci sono elementi che possano giustificarne l'inclusione? Io credo di sì.
Le foto in alto, rappresentano una piccola testimonianza.
Negli anni ‘60, durante la costruzione di alcune case, in località Valle, e senza che il fatto trovasse la giusta eco, furono rinvenuti alcuni oggetti in terracotta (prima foto) in una tomba a fossa contenente uno scheletro di donna (portava degli orecchini). A distanza di anni, nello stesso Rione Valle, durante lavori di realizzazione della fognatura, furono ritrovati altri reperti (seconda foto). Tali oggetti, sottoposti in seguito all’esame di esperti, sono stati classificati come aryballoi (porta profumi corinzi del 550 a.C. circa). Che questi oggetti siano di fattura magnogreca non ci sono dubbi. Come non ci dovrebbero essere dubbi che il territorio di Aiello Calabro potesse essere parte di un territorio ampio, in cui erano diversi i nuclei abitativi a stretto contatto tra loro e che potrebbe corrispondere alla antica Temesa, cantata da Omero nel primo libro dell'Odissea, tra il IX e l'XIII sec. a.C. D'altronde, come sostengono gli esperti, la via di penetrazione verso la Sibaritide era, non già il Savuto, ma per brevità e facilità di percorrenza, il fiume Oliva sulla direttrice Olivo-Busento-Crati. Così, a cominciare dalla venuta dei greci alla metà dell’ottavo secolo a.C., l’insediamento iniziale sul territorio vicino al mare e alle rive dei fiumi Savuto e Olivo, si potrebbe essere spostato all’interno, nel corso dei secoli seguenti, come testimoniano i reperti del V, VI secolo trovati ad Aiello.
Peraltro, già storici e studiosi locali avevano ipotizzato Aiello come l’antico Tyllesium, città magnogreca, ed anche analisi sulla toponomastica (cfr. J. Trumper in coda documento in Pdf) non hanno escluso tale ipotesi.
E dunque, non sono elementi questi (ci riferiamo agli oggetti ritrovati), per avviare ricerche? E per suffragare il fatto che anche Aiello potrebbe essere custode di reperti antichi?
Naturalmente, per lo scrivente, che ha deciso di correre il rischio, anzi la certezza, di essere tacciato di campanilismo, la risposta è sì. Ma è pur vero, che su tali possibili, probabili, emergenze archeologiche ci sia la necessaria attenzione. Da parte di chi? In primis, sono le Istituzioni locali che devono occuparsi di promuovere la cultura, la storia, eccetera, a farsene carico. Insieme alle associazioni del territorio che dovrebbero pure loro svegliarsi dal torpore, ed alla comunità tutta.
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Il Segreto di Temesa
di Luigi LA ROCCA
(nel 2005, all'epoca dell'articolo archeologo della Soprintendenza Archeologica della Calabria)
“…Or ora approdai, con navi e compagni, andando sul mare schiumoso verso genti straniere, verso Temesa, per bronzo, e porto ferro lucente…” (Omero, Odissea, I, 182-184).
QUESTO passo omerico, tratto dall’Odissea, contiene la più antica menzione di un centro non greco di nome Temesa, in cui si praticavano scambi di metalli già nell’età del Ferro. La fama del centro sarà poi richiamata da successive fonti storiche fino all’età romana.
Da anni il problema dell’individuazione del sito di Temesa, ipotizzato comunque lungo la costa tirrenica calabrese, costituisce uno dei nodi principali della ricerca archeologica in Italia meridionale. Gli scavi e le ricerche intrapresi nella zona stanno via via fornendo una serie di importanti informazioni che sono sufficienti ad ipotizzare la localizzazione in un comprensorio preciso, nel territorio tra la foce del fiume Savuto e la foce del fiume Oliva, tra Nocera Terinese e Campora S. Giovanni. La presenza di approdi, di percorsi fluviali che consentivano l’accesso verso le aree interne, di pianure coltivabili e di terrazzi culminanti in più o meno ampi pianori sommitali che si elevano per ca. 300 m sul mare ben difendibili e che consentivano il controllo della costa e delle vie di collegamento ha fatto si che l’area si rivelasse particolarmente adatta all’insediamento umano fin dall’antichità più remota.
L’intero comprensorio comprendente i centri interni di Serra d’Aiello, Aiello Calabro, Cleto, oltre a quelli costieri di Nocera Terinese, Amantea e Campora S. Giovanni, infatti, ad un’attenta osservazione che tenga conto dei dati topografici, storici e archeologici, restituisce un palinsesto culturale completo, dalla preistoria al medioevo, e si configura come uno dei contesti archeologici più interessanti dell’Italia meridionale.
Le ricerche archeologiche eseguite nella zona hanno evidenziato, infatti, una continuità insediativa dal neolitico al periodo imperiale romano, mentre la presenza di castelli e fortificazioni a Cleto, Aiello, Marina di Savuto, oltre che ovviamente ed Amantea, sono testimonianza dell’importanza del comprensorio nel medioevo almeno dall’età normanna.
Il territorio di Serra Aiello in particolare, che comprende i pianori di Cozzo Piano Grande, Cozzo Carminantonio e Monte di Serra Aiello, è stato oggetto nel corso degli anni di diverse ricerche che hanno evidenziato una fitta presenza di aree di interesse archeologico.
La documentazione archeologica più cospicua riguarda le fasi relative all’età del Bronzo e del Ferro, anche se tracce di occupazione umana relative al Neolitico ancora poco definite, evidenziate da notevoli quantità di strumenti e schegge di ossidiana e rari frammenti di ceramica impressa recuperati in superficie, sono documentate ai margini dell’area urbana di Serra Aiello, in località Nachicelle, mentre in diversi punti ricognizioni eseguite anche in tempi recenti hanno evidenziato la presenza di materiali di età arcaica, ellenistica e romana.
Resti di un insediamento della media età del Bronzo (XIV-XIII sec. a.C.) sono stati individuati presso il margine sud-orientale di Cozzo Piano Grande mentre nella parte più meridionale del pianoro alcuni saggi di scavo hanno evidenziato la presenza di materiali ceramici pertinenti alla fase finale della prima età del Ferro (IX – VIII sec. a.C.).
Ulteriori ricerche a Cozzo Piano Grande hanno consentito di mettere parzialmente in luce una fattoria databile tra la fine del IV sec. e l’inizio del III sec. a.C.
Meno consistente l’evidenza recuperata nell’area di Cozzo Carmineantonio, anche a causa della totale erosione della sommità sulla quale affiorano le formazioni rocciose naturali. Frammenti di impasto dell’età del Bronzo e del Ferro si sono rinvenuti lungo le pendici scoscese del versante occidentale.
Un dato di assoluta importanza è costituito dalla presenza, lungo i fianchi scoscesi di Cozzo Piano Grande e Cozzo Carmineantonio, di sepolture del tipo a grotticella artificiale, scavate nel tenero calcare locale, a pianta circolare o ellittica in nessuna delle quali sono stati rinvenuti resti della sepoltura. La tipologia delle tombe rimanda esempi di area sicula presenti anche in Calabria soprattutto tra Locri e Tropea, databili tra l’età del Bronzo e del Ferro.
Le ricerche fin qui ricordate, effettuate soprattutto negli anni ’80 hanno dato il via ad una serie di riflessioni circa la possibilità di ubicare nella zona il sito di Temesa e di ipotizzarne la struttura.
I risultati di maggiore rilievo ai fini della ricostruzione dei processi storici che hanno interessato il comprensorio, unitario nonostante i confini amministrativi moderni, tra l’età del Ferro e l’età arcaica sono però arrivati dalle ricerche intraprese dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria nell’ultimo decennio.
E’ il caso allora, di ricordare brevemente gli elementi principali della tradizione mitica e storica che a partire da Omero ha riguardato il sito di Temesa e come essa sembra stia trovando conferma nella ricerca archeologica.
Nel racconto omerico la dea Atena, sotto le mentite spoglie di Mente, re dei Tafii, racconta a Telemaco, in cerca di notizie del padre Odisseo, dei suoi viaggi nel Mediterraneo e di come si fosse recato a Temesa, tra gente che parlava una lingua non greca, a scambiare il ferro con il bronzo. La menzione omerica, quale che sia la cronologia che si voglia attribuire alla redazione dei poemi, orienta comunque verso un orizzonte molto arcaico, e risulta di assoluta importanza. Segnala, infatti, la presenza in Occidente di una comunità indigena al centro di traffici commerciali internazionali, strutturata dal punto di vista economico e politico – un re greco poteva avere rapporti diretti esclusivamente con un interlocutore dello stesso rango – la cui ricchezza derivava dal controllo di risorse minerarie, probabilmente di rame, che indicano un livello di sviluppo probabilmente superiore a quello dei coevi insediamenti autoctoni noti sulla costa tirrenica e ionica della Calabria.
Ma le fonti storiche forniscono riferimenti relativi a Temesa anche per le epoche successive, intrecciandosi, sebbene per via indiretta, ancora con il racconto omerico.
Callimaco, un poeta alessandrino del III sec. a.C., ad esempio, ricorda “antiche statue” realizzate con il bronzo di Temesa a conferma della fama delle sue miniere.
Strabone e Pausania, geografi vissuti nel I sec. d.C. ambientano a Temesa la vicenda di Polytes, uno dei compagni di Ulisse, che, sbarcato sulla costa tirrenica, a Temesa appunto, e ubriacatosi durante un banchetto, oltraggiò una fanciulla indigena, motivo per il quale fu ucciso e lasciato insepolto dagli abitanti del luogo. Il suo demone, sotto forma di lupo, iniziò a tormentare gli indigeni che disperati chiesero aiuto all’oracolo di Delfi. Per placare il demone essi avrebbero dovuto dedicargli un tempio ed offrirgli ogni anno in sacrificio la fanciulla più bella. Più tardi Euthimos, celebre pugile ed eroe di Locri Epizephirii, giunto a Temesa e invaghitosi della fanciulla per quell’anno destinata al demone, lo uccise e lo gettò in mare, liberando finalmente la città.
Sullo sfondo del racconto mitico si coglie il dato storico di un centro indigeno ricco e potente fin dall’età del Ferro che subisce, all’indomani della colonizzazione greca, i tentativi di conquista da parte di Sibari (Polytes) intorno alla metà del VI sec. a.C., e Locri (Euthimos), agli inizi del V sec. a.C., fallito o fortemente contrastato il primo, evidentemente andato a buon fine il secondo.
Scavi effettuati intorno alla metà degli anni ’90 in località Imbelli ai piedi delle pendici meridionali di Cozzo Piano Grande, hanno consentito di portare alla luce un edificio sacro databile tra VI e V sec. a.C. con ricchissime offerte votive in ceramica e metallo, tra queste numerose armi. Il tempio, apparentemente isolato nel paesaggio agrario, costituiva il punto di riferimento della comunità indigena insediata nel territorio secondo un modello di occupazione per nuclei sparsi disposti tra la foce dell’Oliva e quella del Savuto. Trova conferma la descrizione del tempio di Polytes “circondato da ulivi selvatici” fornita da Strabone e Pausania?
E ancora, nella primavera scorsa (2004, ndr), dopo una campagna di ricognizioni topografiche nel territorio comunale di Serra Aiello promossa dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria con il sostegno e la collaborazione del Gruppo Archeologico Alybas e l’Amministrazione Comunale di Serra Aiello, si è avviata una indagine archeologica in località Chiane che ha portato alla luce parte di una estesa necropoli dell’età del Ferro. La presenza di una comunità indigena dell’età del Ferro non è certo sorprendente, essendo già stata evidenziata dalle ricerche sopra ricordate, ma risulta eccezionale la quantità di informazioni che le poche tombe finora scavate hanno restituito. Soprattutto la ricchezza e la composizione di alcuni corredi, sia per quanto riguarda il repertorio vascolare che gli oggetti di armamento nel caso dei maschi e di ornamento nel caso delle femmine, e l’articolazione cronologica delle sepolture, comprese in un arco temporale di almeno un secolo, tra la fine del IX e la fine dell’VIII sec. a.C., sono il riflesso di una comunità perfettamente strutturata dal punto di vista sociale ed economico, probabilmente anche politico, che non trova confronti con contesti cronologicamente omogenei soprattutto nell’area tirrenica calabrese. La presenza di alcuni oggetti riferibili o confrontabili con ambiti campani ed etrusco-laziali fa pensare a contatti di matrice tirrenica già evidenziati dalla presenza straordinaria, data la cronologia più antica rispetto al contesto di rinvenimento, di un elmo villanoviano nel santuario di Imbelli.
E’ questo un elemento rapportabile alla comunità omerica che più sopra si è tentato di delineare?
La ricerca archeologica non è ad uno stadio di avanzamento tale da potere rispondere esaurientemente alle domande poste, ma certamente il tentativo di interpretare i dati disponibili e la serie di suggestioni che essi forniscono inducono a ritenere che certamente il comprensorio preso in esame e di cui Serra Aiello sembra il polo centrale custodisca il segreto di Temesa.
La storia degli scavi
Le ricerche di Temesa iniziano nel 1924 con Paolo Orsi, primo soprintendente archeologico della Calabria, che recupera alcuni reperti bronzei provenienti da Pantano di Cleto e da Serra d’Aiello, ora custoditi nel Museo archeologico di Reggio Calabria e nel Museo civico di Cosenza. Nella fattispecie: una punta di lancia, una spada di tipo Terni, un fodero di tipo Veio, un sauroter, una fibula a quattro spirali, una fusaiola in bronzo finemente decorata, fibule varie, un pendaglietto a forma di quadrupede; testimonianze di corredi funerari dell’età del ferro. Ancor prima, nel 1916, lo stesso Orsi aveva acquisito da privati un frammento di spada ad antenne, proveniente da Nocera Terinese, a poca distanza dal territorio di Serra.
In anni recenti, l’indagine archeologica riesuma alcuni frammenti ceramici dell’età del bronzo e della prima età del ferro (1984). Nel 1995, in particolare, viene portato alla luce il santuario di Imbelli (VI–V sec. a.C.) in cui si conservano, tra gli altri oggetti recuperati, uno scettro in bronzo ed un frammento di elmo crestato etrusco, segno evidente, quest’ultimo, della grande vitalità di scambi commerciali con popolazioni vicine e lontane.
I successivi ritrovamenti dell’agosto del 2003, avvenuti durante la prima campagna di scavi - sostenuta dalla Soprintendenza archeologica della Calabria, dall’Università di Napoli (Federico II), e dal Gruppo Archeologico Alybas di Serra d’Aiello -, hanno rafforzato la certezza che il Comprensorio preso in esame custodisca “il segreto di Temesa”.
Grande importanza riveste pure l’acquisizione da privati da parte del gruppo Alybas di alcuni reperti, tra questi una impugnatura di spada ad antenna del IX- VIII sec. a.C., poi consegnati alla Soprintendenza ed oggetto di presentazione durante il XLIII Convegno internazionale sulla Magna Grecia tenutosi a Taranto e Cosenza nel 2003, da parte della già Soprintendente per la Calabria dott.ssa Lattanzi.
Nel corso del 2004, con la seconda campagna di scavi, terminata a giugno, e finanziata dalla stessa Soprintendenza archeologica calabrese per 20 mila euro, sono state portate alla luce, in località Chiane, 14 sepolture a fossa con uno scarto cronologico databile dalla fine del IX alla fine dell’VIII secolo a.C. La scoperta - illustrata a Serra Aiello nell’agosto 2004 dagli archeologi Luigi La Rocca e Fabrizio Mollo della Soprintendenza Archeologica della Calabria - manifesta chiaramente la presenza di un grosso insediamento della prima età del ferro sulle alture del bacino del fiume Oliva. Tuttavia, gli scavi rappresentano solo una piccolissima parte (appena 200 mq) di questa Necropoli che gli esperti della Soprintendenza valutano essere almeno 3000 mq, il che significa che il nucleo abitativo dovesse essere abbastanza consistente.
Nelle tombe sono stati ritrovati corredi vascolari, fibule, gioielli d’ambra, punte di lancia e sauroter e, più importante fra tutti, un disco d’oro di provenienza etrusca. Alcuni di essi, quelli metallici, hanno subìto un primo restauro effettuato dalla dottoressa Papasso. Reperti che testimoniano una Temesa ricca e centro vitale di commerci e - per l’utilizzo del ferro già nel 9° secolo a.C., prima ancora dell’arrivo dei greci avvenuto nell’8° secolo a.C. - di importanza politica notevole.
Quest’anno, invece, come è nelle volontà e disponibilità della Soprintendenza e dell’Amministrazione comunale di Serra Aiello, la campagna di scavi proseguirà nel prossimo mese di settembre. Il progetto ha la priorità assoluta per la sovrintendenza calabrese e sarà finanziato con 40 mila euro, circa il doppio della campagna 2004. Evidente dunque l’importanza scientifica dei ritrovamenti.
Per quanto attiene la loro valorizzazione, il sogno del gruppo Alybas, animato da Franco Froio e dell’Amministrazione di Serra guidata dall’Avv. Cuglietta, è quello di realizzare un museo-antiquarium comunale dove “custodire ed ammirare permanentemente i reperti rinvenuti”. Al momento però, le possibilità di realizzare il museo sono poche. Servirebbero finanziamenti adeguati da parte della regione Calabria.
(b.p.)
Altre tracce di Temesa?
Accanto al baricentro della ricerca di Temesa, rappresentato da Serra e Campora S. Giovanni (in quest’ultimo centro, di recente, sono state scoperte alcune tombe di grande interesse scientifico), c’è una zona sinora considerata marginale, ma che in passato è stata oggetto di alcuni casuali ritrovamenti. Parliamo di Aiello Calabro. Il sito su cui sorge il paese, è posto a confine dei territori di Serra e di Cleto, su una collina a circa 500 metri slm.
Negli anni ‘60, durante la costruzione di alcune case, in località Valle, e senza che il fatto trovasse la giusta eco, furono rinvenuti – come detto - alcuni oggetti in terracotta in una tomba a fossa contenente uno scheletro di donna (portava degli orecchini). A distanza di anni, nello stesso Rione Valle, durante lavori di realizzazione della fognatura, furono ritrovati altri reperti. Tali oggetti, sottoposti in seguito all’esame di esperti, sono stati classificati come aryballoi (porta profumi corinzi del 550 a.C. circa). Che questi oggetti siano di fattura magnogreca non ci sono dubbi. Come non ci dovrebbero essere dubbi (usiamo volutamente il condizionale, almeno sino a quando scavi e ricerche nei luoghi interessati non daranno una conferma certa) che il territorio di Aiello Calabro potesse essere parte di un territorio ampio, in cui erano diversi i nuclei abitativi a stretto contatto tra loro e che potrebbe corrispondere alla antica Temesa, cantata da Omero nel primo libro dell'Odissea, tra il IX e l'XIII sec. a.C. D'altronde, come sostengono gli esperti, la via di penetrazione verso la Sibaritide era, non già il Savuto, ma per brevità e facilità di percorrenza, il fiume Oliva sulla direttrice Olivo-Busento-Crati. Così, a cominciare dalla venuta dei greci alla metà dell’ottavo secolo a.C., l’insediamento iniziale sul territorio vicino al mare e alle rive dei fiumi Savuto e Olivo, si potrebbe essere spostato all’interno, nel corso dei secoli seguenti, come testimoniano i reperti del V, VI secolo trovati ad Aiello.
Peraltro, già storici e studiosi locali avevano ipotizzato Aiello come l’antico Tyllesium, città magnogreca, ed anche analisi sulla toponomastica (cfr. J. Trumper) non hanno escluso tale ipotesi.
Bruno Pino
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Il gruppo archeologico Alybas di Serra Aiello, fondato da Franco Froio, Sergio Isabella, Domenico Perri, Salvatore Perri ed Egidio Perri, si costituisce in associazione nell’aprile del 2003. La passione per la mitica città di Temesa è la molla che spinge questi novelli “Indiana Jones” ad iniziare un percorso di ricerca che - assieme al prof. Marco Pacciarelli, dell’Università di Napoli, al Dott. Cristiano Iaia, nonché alle studentesse che hanno partecipato alla Campagna di ricerche: Carmen Basile, Rosanna D’Anna, Carla Romano, Antonella Cioffi, Alessandra Gelsomino – porterà alla preliminare ricognizione dei luoghi ed alla seguente mappatura archeologica del bacino compreso tra la foce del fiume Olivo e del fiume Savuto.
In seguito, il gruppo partecipa attivamente alle campagne di scavi del 2003 e del 2004, eseguite dalla Soprintendenza Archeologica per la Calabria.
Da poco tempo, i soci di Alybas hanno allestito un centro studi dove si possono consultare (vedi anche sul web all’indirizzo www.gruppoalybas.com) le pubblicazioni sui ritrovamenti archeologici sin qui portati alla luce ed interessanti monografie, tra cui quella dedicata ai guerrieri dalla spada ad antenne.
(b.p.)