AIELLO CALABRO – “Il Grido muto di Ajello”. Così si intitola un saggio pubblicato nell’ultimo numero della nota rivista “Calabria Sconosciuta” (n° 115) che da 30 anni si occupa autorevolmente di cultura e turismo, in cui lo storico dell’arte Gianfrancesco Solferino lancia l’allarme sullo stato attuale di degrado in cui versano molte chiese della cittadina, la cui causa è da attribuire, secondo l’autore, ad una «patologia sottile, inquietante, che va falcidiando senza ritegno numerosi altri centri della Regione, e che prende il molteplice aspetto dello spopolamento, dell’apatia, talvolta del vero e proprio abbandono». Un abbandono che non si deve intendere solo demografico, ma soprattutto con una valenza «emotiva, sociale, antropologica». Una sorta, in buona sostanza, di «tacita rinuncia alla propria significazione sociale e comunitaria, nonché culturale».
Nell’articolo, Solferino indica alcuni dei luoghi sacri che avrebbero immediatamente bisogno di interventi conservativi ed estetici, come la Collegiata arcipretale di Santa Maria Maggiore che presenta, per esempio, sulla facciata esterna, dopo gli interventi risalenti agli anni ‘80, un «plastico a bucciato che ricopre impietosamente le forme rinascimentali della facciata». Ma l’attenzione dello studioso si indirizza anche verso la «vergognosa situazione delle cappelle radiali, in primis quella del SS. Sacramento (già di S. Geniale)», gioiello architettonico del tardo ‘800; verso la Chiesa di S. Giuliano, la ‘400esca parrocchiale che racchiude in sé numerosi capolavori di epoche e stile diversi, di recente oggetto di lavori urgenti (per la salvaguardia della pubblica incolumità) da parte del comune che però ha solo tamponato una situazione risolvibile solo con un più ampio e profondo intervento, per il quale l’Amministrazione ha chiesto il finanziamento con l’otto per mille.
Dolorose considerazioni delle stessa intensità emotiva sono pure per altri edifici cultuali come la cappella Cybo, la Chiesa del Convento, o San Cosmo.
«Dove sono – si chiede Solferino – i millenni passati e i nuovi giorni della storia di Ajello? Dove raccogliere lo splendore del passato per poterlo trasmettere coraggiosamente alle generazioni future? Nel drammatico divenire del tempo, nell’incertezza del domani, mentre il silenzio dei nostri giorni lascia sfiorire il ricordo, il vento non si stanca di raccontare la leggenda ajellese e continua a sfidare la roccia viva del castello, le cime appuntite dei suoi cipressi. Ajello, nel cuore di chi non si stanca di amarla, è il ruggito spento d’un leone, il rintocco ormai fermo delle campane, lo stridere sordo dei telai, il fascino mai spento di una favola eterna. Questo il lancinante dolore dei nostri giorni, quell’insopprimibile, eppure muto, grido di Ajello!»
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