SERRA D'AIELLO – L'Antiquarium di Serra Aiello, aperto il 30 maggio scorso, finalmente, è una realtà di cui essere orgogliosi. Un passo importante verso la conoscenza e la divulgazione di quel patrimonio archeologico venuto alla luce, in particolare, durante le recenti campagne scavi. È certamente un esempio virtuoso che ogni piccolo o grande centro della nostra Calabria deve seguire.
L'inaugurazione del piccolo ma molto interessante museo comunale di Serra, questo paesino sinora conosciuto più per la vicenda del Papa Giovanni che per altro, è preceduta da una breve cerimonia di saluti e dalla presentazione del catalogo della mostra. Al tavolo dei relatori, mancano per impegni sopravvenuti, gli annunciati Stefania Covello, assessore alla Cultura della provincia di Cosenza, l'assessore regionale Sandro Principe ed il Soprintendente Guzzo. Ma non mancano il sindaco Cuglietta , emozionato ed orgoglioso di questa tappa importante della sua Amministrazione; Franco Froio , presidente del gruppo Alybas, che ha il merito maggiore di questo risultato per aver coinvolto e appassionato sin dal 2002, anno di costituzione dell'Associazione, la gente di Temesa – così l'ha definita lui stesso – in questa avventura alla ricerca delle vestigia della civiltà protostorica, e per averla educata al concetto di tutela preventiva del territorio; l'archeologo Fabrizio Mollo , un provetto Indiana Jones, animato dallo spirito del demone Alybas, costantemente impegnato in studi e scavi alla ricerca di Temesa. E naturalmente non poteva mancare la “vulcanica” Rossella Agostino , funzionario di zona della Soprintendenza Archeologica per Calabria la quale, nel corso del suo intervento, ha affermato che, nonostante l'iniziale scetticismo, la necropoli di Serra rappresenta una “scoperta da manuale di archeologia”. Un territorio quello in parola, che va valorizzato al meglio e fatto conoscere, e che certamente lo sarà, grazie al gruppo Alybas, fatto di “persone concrete” e ancora “genuinamente interessato all'archeologia”. Per ultima, la relazione della prof.ssa De Sensi Sestito , docente di Storia Greca dell'Unical, una delle prime a studiare Temesa. “Abbiamo tutta una intera storia di Temesa da recuperare – ha sostenuto -. Oggi la possiamo recuperare meglio, rispetto al passato, perché abbiamo un aggancio territoriale. Perché sappiamo che qui ci sono le tombe di coloro che avevano dato vita a questa comunità; gli oggetti di cui questi si erano serviti; i segni delle relazioni che avevano intessuto e dei commerci che praticavano; gli oggetti anche di decorazione di lusso di cui avevano il privilegio di potersi adornare grazie proprio grazie a questi scavi”. Per finire, Giovanna De Sensi Sestito, non ha mancato di spronare gli archeologi, gli studiosi e gli appassionati, e le Istituzioni, a continuare le ricerche e ha pure lanciato la proposta di creare una rete di parchi (l'offerta archeologica di Serra si arricchirà a breve, come abbiamo già scritto, di un Parco nel sito Cozzo Piano Grande, attualmente in fase di realizzazione), a cominciare per esempio dalla collaborazione tra i parchi di Terina e di Temesa.
La mostra. La grande presenza di appassionati di cultura, ha imposto la visita a scaglioni del museo comunale, che si trova al piano superiore della Scuola Materna, di fianco alla Casa municipale. Noi siamo stati tra i primi e tra i primi abbiamo avuto modo di compiacerci dei risultati del pregevole lavoro, fatto con una modesta somma (6.500 euro dall'Amministrazione locale e 10 mila euro da fondi europei messi a disposizione dall'Assessorato alla Cultura della regione Calabria). Un risultato ottimo a cui si è giunti in pochissimo tempo: tre anni circa dallo scavo, passando per il restauro, lo studio dei materiali, alla fruizione pubblica odierna, ed alla realizzazione del catalogo, in virtù, come ha sottolineato Froio, di una sinergia virtuosa tra Comune, Soprintendenza e gruppo Alybas.
La Principessa di Temesa è la protagonista principale dell'esposizione, allestita da F. Froio, S. Isabella, D. Merengoni, D. Perri, S. Perri, A. Sicoli del gruppo Alybas, che prende il nome di un Demone “sui generis”, “perché non ha nulla di demoniaco né di sanguinario, che dell'amore, sotto vari aspetti, ne ha fatto fonte della sua fama”. Così un bloggista, nemmeno tanto anonimo, racconta la storia romanzata di Alybas e della Principessa Anja. Una storia struggente che finisce con la morte di lei. Il racconto (che si può trovare all'indirizzo http://alybasditemesa.blog.tiscali.it) indugia poi sulla cerimonia della sepoltura. “Le donne del villaggio abbigliarono Anja con tutti i suoi gioielli di bronzo, ambra, cristallo, posti sul vestito della sua incoronazione, ricamato con minuscoli vaghi di ambra a formare tanti fiorellini, sul capo un velo ricamato con bottoncini di bronzo dal quale fuoriuscivano i suoi lunghi capelli intrecciati con ferma trecce e spiraline. Anja sembrava viva e sorridente. La fossa venne preparata con cura e profumata con l'incenso. In essa vennero riposte la fusaiola, i rocchetti ed i pesi da telaio nonché una grande olla di impasto rosso colma di grano, laskòs e le scodelle del pranzo rituale. L'incensiere bronzeo che comprai a Veio per come dono di anniversario lo riposi io stesso al suo fianco. Suo padre fissò con una spilla il suo anello da dito al petto di Anja. La terra la coprì, fredda e crudele. Anja era morta… morta morta… per sempre”.
Quattro le teche (sulle sette totali) che sfoggiano il corredo funerario della Principessa ritrovato durante gli scavi nella tomba numero 6. Una delle 26 sepolture a fossa semplice o segnate da cordoli in ciottoli di fiume, riconducibili al periodo tra la fine del IX sec. e la seconda metà del VIII sec. a.C., scoperte in località Chiane durante le campagne scavi del 2004 e 2005, ed eseguite dal gruppo archeologico Alybas e dalla Sovrintendenza archeologica della Calabria.
Centinaia e centinaia i reperti che erano stati rinvenuti nella Necropoli dell'età del Ferro proprio nel centro abitato del paese, e testimonianza di quella mitica Temesa, la città cantata da Omero, emporio mediterraneo di metalli e abitato forse da quegli Ausoni di cui parla Strabone, che oramai dopo i continui ritrovamenti può essere individuata tra la foce dei fiumi Savuto e Oliva, ed in particolare nei territori di Campora e Serra.
Una parte degli oggetti rinvenuti (oggetti di armamento di bronzo, vasellame di impasto e oggetti di ornamento, soprattutto fibule, in bronzo e ferro) e facenti parte delle tombe 5, 6, 10 e 12, sono stati restaurati dalla Soprintendenza, ed ora esposti nella mostra permanente. Il resto dei reperti sarà invece restaurato in seguito. Come il pezzo forte dell'intera collezione ovvero il disco d'oro etrusco (recuperato nella tomba 14 scavata nel 2004) che potrebbe, se si trovano i fondi necessari per il restauro (si parla di soli 5 mila euro) trovare presto collocazione all'interno dell'Antiquarium.
La mostra, allestita dalla Sovrintendenza e gestita dal gruppo Alybas, consta di 7 teche, di cui 4, come detto, dedicate a quella che gli allestitori hanno ribattezzato Principessa di Temesa.
Gli orari di apertura della mostra, gestita dal Gruppo Alybas sono: mercoledì, dalle 9 alle 13; sabato, dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19; mentre domenica solo il pomeriggio, dalle 15 alle 19. Il costo del biglietto è di 2 euro; ridotto di 1 euro (per le scolaresche); mentre è gratuito per i bimbi sotto i 6 anni. Per prenotazioni, telefonare al gruppo Alybas al numero 320.8462040.
Il Catalogo. Preceduto dalle presentazioni del Soprintendente Guzzo, del sindaco Cuglietta e del presidente Froio, il catalogo consta di una premessa di Rossella Agostino che ha curato il coordinamento scientifico, e dei testi di Mollo, La Rocca (già funzionario di zona e direttore degli scavi del 2004 e 2005), La Torre, Agostino e Froio, che analizzano, tra gli altri, la geomorfologia del territorio, la storia, le fonti letterarie, la storia delle ricerche, iniziate, com'è noto da Paolo Orsi nel 1924, il quadro archeologico, e la Necropoli di Chiane con le descrizioni delle tombe.