Le scuole rurali di una volta, in un libro curato da Vittorio Naccarato
«Il giovane maestro Rosario Naccarato, assunto dalla Associazioni per gli interessi del Mezzogiorno, nell'autunno del 1923 raggiunge a piedi la scuola, ovvero il magazzino, dove attende gli allievi - "I piccoli eroi dell’infanzia”, come li chiamerà dopo averli conosciuti -, i quali si recano anch’essi nella scoletta, dopo aver superato “cuoschi e valluni”. Il maestro però, dopo aver terminato le lezioni, non ritorna in paese, ma si ferma nella contrada di S. Caterina, vivendo nelle due stanzette al primo piano.
Questa novità rappresenta il primo, ma indispensabile passo, perché si possa tenere aperta la scuola in contrade così isolate e lontane dal centri abitati, dimostrando alle famiglie contadine che finalmente lo Stato si ricorda di loro offrendo un servizio che tenga conto delle loro esigenze.
Su questa base si sviluppa un'avvincente esperienza didattica e sociale, che ha come protagonisti il maestro Naccarato, gli allievi e le loro famiglie, sotto la guida di Giuseppe Isnardi, direttore delle scuole dell'Associazione per la Calabria, e dei suoi collaboratori.
Se si moltiplica l'attività svolta a S. Caterina, documentata dai manoscritti del maestro, con quella delle altre centinaia di scuole rurali, si comprende perché Isnardi la definisca “l'esempio più grandioso di scuola libera che abbia avuto l'Italia dopo il Risorgimento”».
Il testo appena riportato è una breve sinossi del volume “Le scuole rurali agli inizi del ‘900” di Rosario Naccarato, per la cura di Vittorio Naccarato, edito da Klipper e presentato al pubblico negli ultimi giorni di agosto.
Il libro, oltre alle cronache scolastiche del maestro R. Naccarato, che rappresentano la parte centrale dello scritto, prende in esame anche demografia e società del paesino di Aiello Calabro tra Ottocento e Novecento e la “rivisitazione”, così come la chiama il curatore, delle due contrade contadine di Ciani e S. Caterina da dove provenivano gli alunni della scuola rurale in esame. Alla iniziativa tenutasi nel salone delle scuole elementari di via Nuova, oltre al curatore, hanno preso parte il sindaco Perri e l’assessore provinciale Covello. Tra gli interventi che si sono susseguiti, moderati dal giornalista Pino Grandinetti, quelli dell’antropologo Mauro Minervino, del dirigente scolastico Mario Giannuzzi, del direttore editoriale di Klipper, Francesco Kostner e del maestro Domenico Medaglia che qui di seguito riportiamo. (bp)
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Rosario Naccarato maestro, visto attraverso ricordi e testimonianze
di Domenico Medaglia
In questa bella opportunità mi è particolarmente caro fare emergere dalla mia memoria, andando naturalmente a ritroso di un bel pezzo di tempo, i ricordi remoti, ma nitidi, dell’insegnante Rosario Naccarato che, durante il suo quarantennale insegnamento, dispiegato a favore di innumerevoli generazioni di alunni, si è distinto per l’attaccamento al dovere, per la scrupolosità e per le sue capacità didattiche e creative di cui era sapientemente dotato, dando lustro alla scuola elementare.
Ha lasciato un ricordo non facile da dimenticarsi fra le scuole di Cosenza, fra quelle di Vibo Valentia ed in fine in quelle di Roma, dove aveva chiuso la sua impegnativa ed esaltante missione educativa, iniziata con molto entusiasmo intorno agli anni venti, prima nelle scuole serali per analfabeti, e poi in quelle rurali del Comune di Aiello Calabro.
Fra coloro che lo hanno avuto come Maestro dentro e fuori delle aule e in particolare fra la gente delle contrade che io ho potuto incontrare nei primi anni del mio insegnamento, ho raccolto per lui testimonianze d’affetto, e di venerazione. Quei contadini che hanno avuto a che fare con lui non più giovani ma invecchiati per il duro lavoro e per il peso dell’età avevano conservato sentimenti di gratitudine e di riconoscenza per le sue doti intellettuali ed umane.
Io l’ho conosciuto di persona prima per essere stato suo alunno durante un breve periodo in una scuola del centro urbano di Aiello Calabro presso cui, forse, aveva ottenuto qualche breve supplenza, ed in seguito, come collega negli anni immediatamente dopo l’ultimo conflitto mondiale. Mi è stato anche di guida nella preparazione del concorso magistrale affidandomi uno schema molto utile che lui stesso aveva stilato. Il suo metodo di insegnamento, acquisito alla luce degli studi pedagogici, applicato e perfezionato sempre con assiduità è stato infine premiato con esito favorevole.
All’educazione dei bambini delle scuole di campagna del territorio di Aiello si era dedicato con particolare passione, con tutta l’anima e con tutto il fervore che possedeva dotato com’era, di una volontà ferrea, consapevole dell’onere e della responsabilità che il maestro deve assumersi sin dall’inizio della carriera.
Il suo modo di educare non ha mai subito una grinza facendosi forte del suo talento e avvalendosi, peraltro, del metodo pedagogico della Montessori che egli aveva studiato e ne aveva certamente assorbito lo spirito.
Aborriva per convinzione e per carattere l’uso della ferula, di cui nei suoi tempi, e, ahimé anche nei tempi odierni, non solo se ne faceva uso secondo una errata giustificazione pedagogica ma addirittura c’era chi ne faceva abuso. Conviene fare rilevare che ottant’anni fa, il bambino era considerato come un recipiente vuoto e naturalmente ostile ad essere riempito di nozioni e di dottrina. Per i più, educare significava costringere l’educando, spesso con la violenza, a fare una cosa che per natura non desiderava fare. Di conseguenza quando il bambino non capiva o non seguiva le lezioni, era per la sua cattiva volontà. La conclusione di una tale visione era che l’insegnamento esigeva le percosse e le punizioni corporali per costringere la volontà a “raddrizzarsi”. Il regime fascista allora dominante su tutti gli aspetti della vita dell’individuo, favoriva certamente una tale cultura.
Va detto e ripetuto che il bambino non va costretto, ma convinto e persuaso. Il bambino non è colui che non vuole, ma colui che non sa. Non deve temere il maestro ma lo deve capire, non si deve sentire trascinato, ma attirato. Il maestro non va temuto, ma amato. Ognuno per natura aspira alla scienza e alla conoscenza. Sono le condizioni sociali che reprimono questa tendenza. Questa visione didattica il maestro Rosario Naccarato la portava con se non solo nell’insegnamento, ma la vestiva come un habitus morale.
E qui mi sovviene l’aforisma del pedagogista Lombardo-Radice: «Vorrei avere l’onore di portare scritto sul berretto: ‘Maestro di Prima elementare’». Insegnare ai ragazzi delle scuole elementari non è un compito così facile come potrebbe sembrare a chi non è del mestiere.
Fra i miei ricordi il più emozionante è quello che ho provato quando per caso sono capitato ad insegnare proprio nella stessa scuola dislocata in una lontana contrada sperduta nel territorio di Aiello dove l’allora collega aveva insegnato molti anni prima. Mi sentivo privilegiato di sedere sulla stessa sedia, toccare lo stesso tavolo che fungeva da cattedra, servirmi della medesima lavagna e insegnare le stesse cose che da lui avevo imparato e che mi riempivano di entusiasmo e di responsabilità.
La popolazione rurale di quella zona, dove aveva lasciato tracce del suo lavoro di insegnante condotto con tanta passione a favore di quanti gli stavano intorno pronti a chiedergli quello di cui avevano bisogno, mi aveva accolto con molta stima e con rispetto, ma rimpiangeva la mancanza del maestro che mi aveva preceduto. Conviene ricordare qui che l’Italia non era uscita certo illesa dall’esperienza della prima guerra mondiale e le ferite sociali, materiali ed economiche, erano tutte aperte e vive. Nel Meridione e ad Aiello questa pesantezza si faceva sentire più che in altre parti d’Italia. La scuola era un privilegio di pochi e l’analfabetismo era un fenomeno molto diffuso. Il Maestro era un punto di riferimento non solo scolastico, ma umano, sociale, spirituale.
E il Naccarato si è prodigato, con ogni mezzo, per contribuire al riscatto dei giovani incoraggiandoli e collaborando con i loro genitori, a non marinare la scuola, un bene supremo, necessario e indispensabile per la società umana.
Un popolo istruito è destinato a progredire e non può mai perdere le libertà conquistate.
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Profilo dell’autore
Rosario Naccarato (1900-1980), nasce ad Aiello Calabro (CS) in una numerosa famiglia di artigiani. Dopo aver frequentato le scuole elementari in paese, studia privatamente per riuscire a conseguire il diploma magistrale. Assunto dalla Associazione per il Mezzogiorno lavora per un triennio nella scuola rurale di S. Caterina e, dopo aver vinto il concorso, nelle scuole statali di altre contrade aiellesi. Nel 1944-45 è il primo sindaco democratico di Aiello Calabro.
Ha lasciato numerosi manoscritti che sono stati oggetto di due pubblicazioni: “Appunti di diario ed articoli scolastici”, in cui si racconta l'esperienza didattica dal 1926 al 1929 nella contrada di Stragolera; “Socialismo e amministrazione nella Calabria contemporanea”, nel quale lo storico Giuseppe Masi ha raccolto gli appunti e le riflessioni che porteranno il maestro Naccarato da una critica sempre più serrata del regime fascista alla sua adesione agli ideali socialisti ed alla sua attiva partecipazione all'attività politica nel dopoguerra.
Profilo del curatore
Vittorio Naccarato insegna storia e materie letterarie nell'Istituto superiore di Tarquinia ed ha realizzato alcune ricerche sulla comunità tarquiniese in età moderna: "Cronaca degli scavi archeologici a Tarquinia dal 1862 al 1880. L'opera di Luigi Dasti" (2000) e "La città e l'agro di Comete [nome mediale della odierna Tarquinia] nel XVIII secolo".