Osservare la situazione giapponese, diversa dalla nostra, per storia e natura ci deve fare riflettere, ma sempre senza mai abbandonare la prudenza.
In nessun altro campo, come nella finanza, vale la filosofia pitagorica secondo cui il numero è la misura di tutte le cose. Soprattutto i politici nostrani quando ci vogliono dimostrare qualcosa sono bravissimi a sciorinare numeri, dati, tabelle e percentuali. Questo perché il numero non mente mai e sta lì davanti a noi a ricordarci che esiste un mondo reale che non tiene conto dei nostri pensieri e desideri. Ma non dobbiamo dimenticarci che attraverso i numeri si può mentire o selezionando i numeri che non servono o presentando un numero al posto di un altro, oppure, più spudoratamente presentando numeri falsi che non stanno da nessuna parte se non nella immaginazione di chi li tira fuori. Questo è l’ingenuo e drammatico caso della Grecia. Inoltre i numeri bisogna saperli leggere, perché da soli non parlano. Io non ho mai sentito un numero parlare, siamo noi a farli parlare, anzi parliamo per mezzo di essi. Ancora, i numeri sono relativi. Un numero può rappresentare una tragedia per uno, ma, lo stesso, per un altro, è una sana risata. Prendiamo il caso del Giappone. Questo stato ha un rapporto debito / PIL del 236%. È una cifra mostruosa se si pensa che in Italia ci si straccia le vesti perché lo stesso rapporto è del 120%. Nel paese del Sol Levante il rapporto deficit / PIL ruota attorno al 10% e da noi stiamo con i fucili puntati perché non dobbiamo assolutamente superare il 3%. Eppure stiamo parlando della terza economia del mondo che esibisce un tasso di disoccupazione pari al 4,5% mentre in Europa siamo all’ 11%. Ma la cosa strabiliante non è questa. Il Giappone si permette il lusso di fare “ carry trade “ col debito americano. Non si preoccupi il lettore, adesso traduco in termini casalinghi. Il governo giapponese chiede soldi ai propri cittadini pagando un interesse dell’ 1% e con questo denaro compra il debito americano ricavandone il 2%. In più, sempre il Giappone ha chiesto all’Europa di poter comprare i titoli del Fondo Salva Stati. Ossia se l’euro vuole essere salvato, lo yen ci salverà. Come è possibile che si verifichi questo Eldorado? Due sono le cartucce a disposizione del Giappone. Una consiste nel fatto che la Banca Centrale giapponese può stampare moneta, cosa che in Europa è fumo negli occhi, soprattutto in quelli dei tedeschi. La Germania teme che stampando moneta l’inflazione possa andare sotto controllo e loro sono ancora impressionati dall’inflazione mostruosa della Repubblica di Weimar negli anni venti. Eppure in Giappone l’inflazione è praticamente a zero, anzi i prezzi sono scesi dello 0,08%. Inoltre il debito pubblico giapponese è detenuto, nella quasi totalità, dai giapponesi stessi e quindi non risente della speculazione dei paesi stranieri. Cioè, i giapponesi non hanno il problema di abbassare lo spred di qualche punto, loro semplicemente questo numero non ce l’hanno.
Ma in economia, si sa, non esistono soluzioni definitive. Tutto si deve mantenere su un qualche equilibrio. Il fatto che il debito giapponese sia tutto fatto e consumato in casa non è esente da rischi. Intanto per questo debito c’è un mercato esclusivamente locale e quindi troppo ristretto e poco liquido. Significa che se il risparmiatore rivuole indietro i soldi prestati non sempre li ottiene subito. Inoltre incombe la spada di Damocle della demografia. Quando gli ultrasessantenni giapponesi, che detengono buona parte dei titoli pubblici, vorranno liquidare o fare liquidare i titoli a figli e nipoti, il Giappone si dovrà aprire al mercato straniero e con i numeri di sopra sul debito pubblico il conto potrebbe essere molto saltato.
Da noi, anche se i numeri della ripresa sono ancora lontani ( abbiamo ancora un PIL negativo allo – 0,02% rispetto al trimestre precedente ), i mercati finanziari anticipano buone speranze. Il più grande fondo obbligazionario al mondo, PIMCO,una vera autorità in questo campo, sia per competenza e sia per risultati raggiunti, a novembre del 2012 ha annunciato che venderà i titoli francesi e tedeschi che detiene in portafoglio per comprare quelli italiani e spagnoli. Insomma se la politica non si mette di traverso, la strada tracciata potrebbe essere quella giusta.
Eugenio Medaglia, 20 gennaio 2013 - eugeniomedaglia@gmail.com
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