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Solstizio d'inverno 2005Ari… ballamu, con le tarantelle e gli zampognari di MagliSi è svolta a metà dicembre a Lamezia Terme (Cz), la seconda edizione di “Solstizio d’Inverno” che si inserisce nel calendario di “Natale in Città”, organizzata dall’Amministrazione Comunale guidata da Gianni Speranza. Quest’anno, la manifestazione gestita da “Fata Morgana” e da un Comitato spontaneo di Giovani Lametini che si prefiggono «la valorizzazione della cultura Calabrese in tutti gli aspetti della tradizione popolare: la musica, il ballo (tarantella), l’enogastronomia e i movimenti artistici che ad essa s’ispira», è stata dedicata all’arte dello scultore e pittore aiellese Francesco Magli. «Un poeta (maledetto?) della metà del Novecento qual’era Pier Paolo Pasolini – ha spiegato Rosalinda Miceli, una delle organizzatrici - sosteneva che era necessario salvaguardare la cultura locale; in questo contesto – ha aggiunto – è nata l’idea di esporre la personale di Francesco Magli, pittore calabrese, nativo di Aiello Calabro (Cs), che da oltre trent’anni si occupa della tematica in questione con un occhio di riguardo per una classe umile quale il pastore e la sua zampogna o ciaramella». Chi tra i lettori conosce l’artista Francesco Magli, lo associa, quasi meccanicamente, alla figura dello zampognaro (nella foto un’opera di Magli), nata negli anni 70-80. La figura, come lui stesso ci ha spiegato più volte, è una sorta di robot. Un ricordo delle sue esperienze, brevi, di lavoro e di alienazione presso una fabbrica di auto del centro Europa. Da lì a poco il robot diviene “lo zampognaro calabro”. In tanti anni di attività le opere – sculture e tele - di questo artista meridionale hanno girato il mondo, testimoniando sempre in ognuna impegno sociale e amore per le ragioni degli altri. Per Magli la cosa principale è il dialogo. Il dialogo al quale invita lo Zampognaro. Per gli altri, per l’armonia del mondo, per una vita dignitosa. Per chi non ha nulla. «A questo mondo io sono e sarò sempre dalla parte dei poveri». Dice Magli con Garcia Lorca. Bruno Pino23/12/2005 |
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