LUNGRO – Il vecchio Pci aveva bisogno di lui ed il compagno Verduci, classe 1921, a cui piaceva fare la vita di partito, non seppe dire di no. Così, si trasferì da Aiello Calabro (Cs) dove viveva da quando vi giunse nel 1932 da Lazzàro (Rc), e per ben dieci anni, assieme alla famiglia, Lungro divenne la sua città.
Le elezioni del 1956, vinte dalla lista della Tromba (Pci e Psi) con largo margine sulla Torre (Dc e Msi), portarono alla carica di sindaco dapprima Vincenzo Borrescio che dopo qualche mese fu sospeso dalla carica. Gli subentrò Giuseppe Verduci, che era vice sindaco ed assessore anziano. Rimase primo cittadino per tutto il mandato e fu rieletto, sempre come vice, con sindaco Blumetti, nelle consultazioni del 1960, ma soprattutto – come scrive Ambrogio De Marco – divenne “il leader politico e morale del partito, nel ‘paese del sale’ tradizionale roccaforte socialcomunista”.
In quel periodo, nella cittadina furono costruiti l’Ospedale circondariale ed alcuni edifici scolastici, e realizzati i lavori di consolidamento dell’abitato. I ricordi del vecchio compagno comunista vanno a quel periodo, quando con l’Arciprete Stamati, poi diventato vescovo della diocesi, combattevano uniti a Roma a favore della Salina, unica fonte di lavoro del comprensorio, che il Monopolio voleva chiudere; ma non in paese dove invece, la diversità del credo politico li fece diventare come una sorta di Peppone e don Camillo.
Tutto questo e molti altri episodi, sono raccontati con la solita passione civile nell’ennesimo libro di Peppe Verduci, pubblicato dalla Pellegrini di Cosenza, presentato di recente a Lungro.
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