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![]() Rotta verso la nave dei veleni "In 3 giorni sveleremo il mistero"
Uno strumento normalmente utilizzato negli oceani per scoprire i giacimenti di petrolio. In questo caso invece servirà a scoprire se una parte del carico pericoloso della nave affondata ha finito per inquinare il fondale. Soprattutto, quel che si teme, è che a bordo della presunta Kunsky ci fossero scorie radioattive. Per questo operano due ragazzi, un italiano e un inglese, che scandaglieranno il fondale con un rilevatore di raggi gamma. La Mare Oceano è attrezzata con un sistema Dgps regolato dai satelliti garantisce che non si allontani da un punto stabilito sulle mappe. I tempi di intervento sono relativamente rapidi. La nave lascia il molo di Vibo alle 6 di questa mattina. Saranno necessarie 5-6 ore di navigazione per coprire 48 miglia marine e giungere a Cetraro. Nel primo pomeriggio inizieranno dunque le operazioni di taratura degli strumenti e venerdì il robot comincerà la sua discesa. Sotto lo scafo della Mare Oceano opera un sonar a fasci Mbes che a 500 metri di profondità, dov'è adagiata la nave dei misteri, copre un'area larga un chilometro. Si potrà così realizzare una mappa accurata del fondale aiutati anche dai dati raccolti dall'SSS, un siluro con le ali che "vola" 15 metri sotto il pelo dell'acqua e disegna una specie di altimetria che somiglia alle foto satellitari della superficie dei pianeti. "Il vantaggio di questa situazione - spiegano gli inquirenti della Dda - è che si conosce il punto esatto dell'affondamento". Sembra ovvio ma può diventare pericoloso. E per questo, nonostante la notevole disponibilità del ministero dell'ambiente, i magistrati hanno deciso, ieri sera, di allontanarci dalla nave. Perché se davvero il relitto al largo di Cetraro è di una delle navi dei veleni e se i due ragazzi addetti al rilevatore dei raggi gamma troveranno sorgenti radioattive a bordo, la situazione diventerà estremamente imbarazzate. Le scorie nucleari non sono rifiuti che si producono in casa e in ogni contenitore che le racchiude ci potrebbe essere la firma dell'assassino: quella dello Stato o del servizio che ha affidato il materiale ai boss della n'drangheta sapendo perfettamente in quali inconfessabili mani si metteva. All'ora della cena, intorno agli spaghetti aglio e olio preparati dallo chef napoletano Antonio Capasso, il timore prende la forma del punto interrogativo: "Com'è possibile che qualcuno abbia volontariamente inquinato il nostro mare?". Quella del primo ufficiale Pasquale Guida è la domanda di tutti gli italiani. È, paradossalmente, la stessa che si incontra in una intercettazione telefonica della Dda. Un boss si fa uno scrupolo di coscienza: "E il mare? Che ne sarà del mare se la zona l'ammorbiamo?". La risposta del compare è fulminante. "Ma sai quanto ce ne fottiamo del mare? Pensa ai soldi che il mare, con quelli, andiamo a trovarcelo da un'altra parte". Tre giorni per scoprire la verità. O, almeno, la prima parte.
Fonte: repubblica.it (21 ottobre 2009) PAOLO GRISERI22/10/2009 23:49:55 |
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