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E pur si muore sul Tirreno cosentino. Tra veleni, omissioni e insabbiamenti.

ALTO TIRRENO - La vicenda delle navi dei veleni, dei rifiuti tossici e radioattivi interrati, dei tentativi evidenti di ridimensionare ed insabbiare tutto con la scusa che non bisogna creare un clima di inutili allarmismi che danneggiano in modo irreversibile l'immagine della Calabria e la già debole economia di questa zona, impone una severa e seria riflessione. Dopo la straordinaria mobilitazione popolare che ha portato ad Amantea decine di migliaia di donne, uomini, giovani, studenti, anziani e bambini che hanno rivendicato con forza il loro diritto alla vita, alla salute, alla libertà da tutte le forme di violenza e di ricatto malavitoso, è tempo che si facciano i passi successivi e conseguenti.

Bisogna evitare il rischio reale e fatale di ritornare indietro, di dare ragione a chi vorrebbe far credere che in fondo, quello che è successo non è mai esistito, è soltanto frutto di una montatura giornalistica e politica che non vuole il bene del nostro territorio. Ma ormai è evidente a tutti che si tratta di un vecchio film già visto, magari con attori protagonisti diversi, ma sempre lo stesso tragico copione che vuole mettere a tacere, a ridurre tutto al silenzio, a un silenzio sinistro al quale si vuole dare il nome di normalità. E non sono mancati gli spregiudicati di turno che, di fronte alle notizie sulla reale identità della nave scoperta nei fondali al largo di Cetraro, hanno subito gridato ai quattro venti che si trattava del solito complotto ordito contro l'economia del territorio, i cui pescatori erano stati messi in ginocchio e che bisognava provvedere con interventi riparatori di sostegno finanziario.

La domanda sorge spontanea: erano tutti così folli e visionari coloro che, ai vari livelli, hanno sostenuto che l'intera costa e l'entroterra tirrenico e probabilmente di tutta la Calabria, sono stati trasformati da un manipolo di criminali in una vera e propria pattumiera di rifiuti tossici, nocivi e radioattivi di ogni genere che hanno avvelenato per anni e continuano ancora adesso ad intossicare intere generazioni? Si è forse esagerato nel rappresentare le dimensioni di un problema che comunque esiste?

Ai perbenisti e benpensanti che non si sa in base a quali calcoli tendono a far credere che è tutto un bluff, credo sia il caso di presentare i dati freddi ed inequivocabili dei decessi e delle malattie causate da patologie tumorali. Le percentuali di diffusione di tali mali nella popolazione di tutti i paesi, costieri e dell'interno dell'intera fascia tirrenica calabrese non lasciano spazio a dubbi. Indagini autorevoli, a partire da quella dell'ospedale di Paola, dimostrano che i casi sono almeno il doppio della media nazionale. Leucemie e altre forme tumorali terribili che colpiscono indifferentemente anziani, adulti e giovani la cui vita, quella delle loro famiglie e dei loro amici cambia radicalmente trasformandosi in un calvario di estenuanti e dolorosissime cure, nel tentativo estremo di sopravvivere al male. In ogni angolo, in ogni paese di questo territorio i casi sono lì a dimostrarlo, al di là di tutte le analisi e dissertazioni.

Qual è la causa di questo fenomeno? Chi e cosa lo ha determinato? Chi è incaricato, per ruolo e funzione istituzionale, ha il dovere morale e civile di dire come stanno le cose, di individuare e rimuovere le fonti di questi veleni, siano essi nei fondali marini o interrati nell'entroterra.

Gli ammalati e i morti sono lì a chiederlo, in un silenzio che è più rumoroso di un uragano.

Pio G. Sangiovanni
05/11/2009
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