AIELLO CALABRO - Si mantiene alta, grazie al costante impegno di comitati civici, associazioni ambientaliste e culturali, l'attenzione delle comunità del basso Tirreno cosentino, e non solo, preoccupate per il disastro ambientale - perché di questo si tratta - ai danni della vallata dell'Olivo e del mar Tirreno. In vista della manifestazione nazionale del prossimo 24 ottobre ad Amantea, si susseguono gli incontri e le assemblee in tutto il comprensorio per discutere sulla brutta vicenda della radioattività e dei rifuti tossici interrati ed occultati in diversi siti, e individuare soluzioni e forme di mobilitazione necessarie per richiamare gli enti competenti alle proprie responsabilità.
Domenica sera, in contemporanea con Amantea, dove si è tenuta una assemblea cittadina promossa dal comitato De Grazia e da diversi altri comitati e gruppi ambientalisti, anche Aiello ha ospitato una iniziativa analoga promossa dalla neonata associazione Eureka.
Non è mancata, come in altre occasioni, la precisa introduzione ricca di dettagli del giornalista militante Francesco Cirillo che ha parlato delle navi dei veleni; e lanciato l'ennesimo accorato invito a scendere in piazza, a mobilitarsi.
Il meeting, tenutosi nei locali della ex Pretura, ha offerto ai molti presenti relazioni circostanziate che si sono occupate pure degli aspetti scientifici, in particolare dei radionuclidi e dei pericoli della radioattività sull'uomo e sull'ambiente.
A parlare del fenomeno radioattività, soffermandosi sui gravi danni biologici che le radiazioni causano, è stato Giovanni Falcone, Ordinario di Fisica all'Unical. Il docente, nel corso del suo intervento, non ha nascosto però il suo pessimismo circa la bonifica dei luoghi inquinati, poiché sarebbero necessari troppi soldi, sarebbe tecnicamente difficile e sarebbero troppi i siti inquinati (in Calabria si parla più di 400) da bonificare. Una possibile via d'uscita, per Falcone, non riferendosi all'aspetto tecnico-finanziario, è il risveglio dei calabresi, legato ad una filosofia del vivere civile. "Se nel nostro sud non impariamo che i problemi degli altri sono anche i nostri - ha detto il docente di origini campane - non si risolve mai niente".
Carlo Tansi, geologo ricercatore del Cnr e docente Unicial, ha invece esaminato la tettonica della vallata dell'Oliva, evidenziando alcune anomalie del terreno, proprio nei pressi della briglia dove sono state individuate, secondo i dati diffusi dalla stampa e provenienti dalla procura di Paola, inquinanti tossici e cancerogeni. Proprio la briglia, ha detto Tansi, sembrerebbe una opera di ingegneria idraulica pensata apposta per proteggere dalla erosione dell'acqua la zona a monte in cui sarebbero stati occultati i rifiuti tossici. Un luogo, la vallata dell'Oliva, che Tansi ha definito "zona franca della mafia", deposito di chissà quali veleni della cui pericolosità, probabilmente, non si erano nemmeno resi conto gli uomini delle ecomafie.
Se sul nesso di causa-effetto relativo ad alcuni tumori diffusi nel comprensorio, Giacomino Brancati - epidemiologo e consulente per la Procura paolana - nel corso dell'incontro ha confermato la sua prudenza, non ha invece negato la stretta correlazione tra tumori alla tiroide (il 39% in più nei pressi del fiume) ed il cesio 137, il famigerato radionuclide artificiale copiosamente presente tra le lande dell'Oliva.
Passionale il contributo del giudice De Grazia, già della Suprema Corte di Cassazione che ha parlato a chiare lettere del ruolo di responsabilità circa i traffici di scorie di tutte le istituzioni, compresa la magistratura. Ha ricordato, il giudice che per primo nel 1996 scrisse una sentenza sul legame tra tumori e l'eternit a Casalmonferrato, le denunce del centro studi Lazzati sulle navi dei veleni e plaudito all'azione del procuratore Giordano. L'augurio di De Grazia è che dalla Calabria possa partire finalmente un movimento di riscossa, di un nuovo risveglio, di una battaglia per non uccidere la speranza.
Come aveva già annunciato in una intervista, il vicesindaco Garritano - intervenuto al dibattito aiellese - ha ribadito la richiesta alla deputazione parlamentare calabrese di impegnarsi a risolvere in tempi brevi la grave questione. Diversamente, ne ha chiesto le immediate dimissioni e annunciato azioni di lotta come il blocco della ferrovia.
Di pari passione morale, l'invito di Antonino Morabito, presidente regionale di Legambiente Calabria che dagli inizi degli anni '90 ha denunciato i traffici illeciti di scorie radioattive sulle navi a perdere. La parola d'ordine per Morabito è "ricostruire la speranza". Indispensabile, per l'attivista di Legambiente, una reazione forte per il presente ed il futuro. Legambiente - ha detto in sostanza - farà azioni di lotta in tutta la regione contro il peggior appalto che la ‘ndrangheta potesse prendere negli anni '80. Ovvero quello di avvelenare anche i propri figli. Una battaglia da fare insieme per riconquistare i nostri diritti, facendo squadra.
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