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Cosenza. La gestione parallela (e illegale) dell'Aterp di Cosenza

Favori alle famiglie legate ai boss. Indagato anche il figlio del latitante Ettore Lanzino. Gli investigatori: «Si tutelavano interessi sporchi». E l'indagine è ancora in corso

COSENZA - Tutto ha avuto inizio da un sequestro, disposto dal Tribunale di Cosenza a carico di Antonio Abbruzzese. L'uomo, ritenuto un esponente della cosiddetta “cosca degli zingari”, disponeva di un buon numero di immobili di proprietà dell'Aterp. Agli investigatori è bastato chiedersi «com'è possibile?» per puntare i riflettori su uno scandalo odioso, in cui – con le parole del questore, Alfredo Anzalone – «venivano tutelati interessi sporchi e non quelli della gente». Non c'erano solo gli Abbruzzese. I nomi “classici” della criminalità organizzata cosentina ricorrono spesso nell'inchiesta. Di sequestro in sequestro. Da un locale caldaia trasformato in circolo ricreativo alla porzione di piazza diventata un'area privata, anche se dovrebbe essere a disposizione della Protezione civile. Capita così che «un sistema abbia operato indisturbato per anni e nessuno abbia visto nulla». Tutti impegnati a guardare altrove, mentre il figlio del boss latitante Ettore Lanzino, Emiddio, «invadeva arbitrariamente una porzione di suolo pubblico di proprietà dell'Aterp, recintandola e realizzando un accesso esclusivo con veranda al proprio immobile». O mentre Pierina Pranno, sorella di Mario, capo dell'omonimo clan, «invadeva arbitrariamente i locali di proprietà dell'Aterp siti in piazza Spezzano, non ancora assegnati». Sono solo due dei nomi che avvicinano il nome di Oscar Fuoco, dipendente dell'Aterp arrestato a Cosenza con le accuse di corruzione e falsità materiale ed ideologica, alle cosche bruzie. Gli altri sono in un elenco collegato a una serie di reati legati all'abusivismo edilizio. Sono dodici le strutture poste sotto sequestro dalla Procura. Risultato di quella che il procuratore aggiunto Domenico Airoma ha definito «una gestione parallela del patrimonio dell'Aterp, un sistema del malaffare in cui le informazioni circolavano per chi voleva avere immobili liberi senza pagare il canone». Tutto «nell'inerzia degli organi deputati al controllo». Un mondo, finora sommerso, «in cui le pratiche illegali venivano consumate nel silenzio più assordante dell'Aterp, che ha svilito la propria funzione pubblica». Un quadro desolante, unito a un'osservazione che suona come un monito: «L'indagine è ancora in corso. Mi sento di dire che ci rivedremo per parlare del malaffare amministrativo in questa città». 
Per il momento il Comune sta demolendo parte delle costruzioni abusive realizzate con la compiacenza degli uffici dell'Aterp. Ma sarà difficile recuperare i danni fatti nel corso del tempo. Antonio Miglietta, capo della squadra mobile, spiega che «il patrimonio dell'Aterp, che è enorme, dovrebbe portare profitto al Comune in cui è situato. Anche per via del comportamento di impiegati come Fuoco, questi profitti sono precipitati e la gestione è diventata sinonimo di illegalità, con immobili per i quali si variava la destinazione d'uso in spregio a ogni regola».

fonte: Il Corriere della Calabria
03/10/2012
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