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"Sud, allarme giovani: 2 su 3 non lavorano" Meridione supera recessione, ma arranca

Le anticipazioni dello studio evidenziano che nel Sud del nostro Paese una persona su quattro è senza occupazione e le famiglie hanno grandi difficoltà a spendere. Il 30% dei laureati è a spasso. Istat: stabili a maggio occupazione grandi imprese e inflazione di luglio

lavoroROMA - Emergenza giovani nel Sud dell'Italia: "due su tre sono a spasso'', ossia senza un'occupazione, e oltre il 30% dei laureati under 34 non lavora e non studia. A lanciare l'allarme è il Rapporto Svimez 2011 sull'economia del Mezzogiorno, che verrà presentato il prossimo 27 settembre, le cui anticipazioni sono state rese note oggi. Stando al rapporto, poi, pur lasciandosi alle spalle la recessione più grave dal dopoguerra, il Sud arranca "con Abruzzo, Sardegna e Calabria che guidano la ripresa. Un Sud dove le famiglie hanno difficoltà a spendere e il tasso di disoccupazione effettivo volerebbe al 25%, considerando chi il lavoro lo vuole, ma non sa dove cercarlo''.

Tra cassa integrazione e scoraggiati, uno su 4 non lavora.
 Nel Sud Italia una persona su quattro non lavora, se consideriamo anche i lavoratori in cassa integrazione e gli scoraggiati, rileva il rapporto. 
Nel 2010 - si legge nello studio - il tasso di disoccupazione nel Sud è stato del 13,4% (contro il 12% del 2008), più del doppio del Centro-Nord (6,4%, ma nel 2008 era il 4,5%). Se consideriamo tra i non occupati anche i lavoratori che usufruiscono della Cig e che cercano lavoro non attivamente (gli scoraggiati), il tasso di disoccupazione corretto salirebbe al 14,8%, a livello nazionale, dall'11,6% del 2008, con punte del 25,3% nel Mezzogiorno (quasi 12 punti in più del tasso ufficiale) e del 10,1% nel Centro-Nord.

Occupazione in calo.  
L'occupazione è in calo in tutte le regioni meridionali, con l'eccezione della Sardegna. Particolarmente forte è la diminuzione in Basilicata (dal 48,5 al 47,1%) e Molise (dal 52,3 al 51,1%). Valori drammaticamente bassi e in ulteriore riduzione - segnala la Svimez - si registrano in Campania, dove lavora meno del 40% della popolazione in età da lavoro, in  Calabria (42,2%) e Sicilia (42,6%). l tasso d'occupazione  si riduce anche nelle regioni del Centro-Nord con l'eccezione di Valle d'Aosta, Friuli e Trentino Alto Adige, che presenta il valore più alto (68,5%). Particolarmente intensa è la flessione in Emilia Romagna (-2,8 punti percentuali, dal 70,2% al 67,4%) e in Toscana (dal 65,4 al 63,8%).

A spasso il 30% dei laureati. Nel Mezzogiorno - secondo i dati del Rapporto - il tasso di occupazione giovanile (15-34 anni) è giunto nel 2010 ad appena il 31,7% (il dato medio del 2009 era del 33,3%; per le donne nel 2010 non raggiunge che il 23,3%), segnando un divario di 25 punti con il Nord del Paese (56,5%). "La questione generazionale italiana - segnala la Svimez - diventa quindi emergenza e allarme sociale nel Mezzogiorno''. Aumentano, inoltre, i giovani Neet (Not in education, employment or training) con alto livello di istruzione. Quasi un terzo dei diplomati ed oltre il 30% dei laureati meridionali under 34 non lavora e non studia. ''Sono circa 167 mila i laureati meridionali fuori dal sistema formativo e del mercato del lavoro, con situazioni critiche in Basilicata e Calabria. Uno spreco di talenti inaccettabile''. In sette anni (2003-2010), al Sud, gli inattivi (né occupati né disoccupati), sono aumentati di oltre 750mila unità. 

Un Sud che arranca. Il prodotto interno lordo in Italia cresce meno della media Ue e il Sud arranca: in base alle valutazioni di preconsuntivo della Svimez, nel 2010 il Mezzogiorno ha segnato rispetto all'anno precedente un modesto +0,2%, ben lontano dal +1,7% del Centro-Nord. In nove anni (2001-2010) il meridione ha segnato una media annua negativa, -0,3%, contro il +3,5% del Centro-Nord. Ma la crisi, precisa il Rapporto, ha picchiato forte in tutto il Paese: nel biennio 2008-2009 la caduta del Pil è stata di oltre il 65% più elevata della media europea (-6,3% al Sud e -6,6% al Centro-Nord contro il -3,8% della media Ue). Nel 2010 il Pil pro capite nazionale in valori assoluti è stato di 25.583 euro, risultante dalla media tra i 29.869 euro del Centro-Nord e i 17.466 del Mezzogiorno. In valori assoluti, nel 2010 la regione più ricca è stata la Lombardia, con 32.222 euro, pari a circa 16 mila euro all'anno in più rispetto alla Campania, che invece è la più povera con 16.372 euro. In seconda posizione c'è il Trentino Alto Adige (32.165 euro), seguito da Valle d'Aosta (31.993 euro), Emilia Romagna (30.798 euro) e Lazio (30.436 euro). Nel Mezzogiorno la regione con il Pil pro capite più elevato è stata l'Abruzzo (21.574 euro), che comunque registra un valore di circa 2.200 euro al di sotto dell'Umbria, la regione più debole del Centro-Nord. Seguono Molise (19.804), Sardegna (19.552), Basilicata (18.021 euro), Sicilia (17.488), Calabria (16.657) e Puglia (16.932).

In calo le spese alimentari. In Italia "i consumi a livello nazionale crescono moderatamente nelle famiglie (+1%), mentre calano nella Pa per effetto delle manovre correttive (-0,6%)", evidenzia il rapporto. A livello disaggregato, spiega lo studio, la performance nelle due aree è simile nella spesa della Pa (-0,5% al Sud, -0,6% al Centro-Nord). Non è così per le famiglie: nel 2010 l'incremento della spesa nel Mezzogiorno è stato un terzo del Centro-Nord (+0,4% contro +1,3%). In particolare, i consumi di vestiario e calzature sono aumentati nel Centro-Nord del 3,9%, solo dello 0,7% al Sud; giù invece la spesa per beni alimentari (-0,4%), rispetto al +0,3% dell'altra ripartizione, una chiara indicazione delle difficoltà delle famiglie meridionali a sostenere il livello di spesa. Da segnalare che dal 2000 al 2010 la spesa delle famiglie al Nord è cresciuta dello 0,5%, al Sud è scesa dello 0,1%. Più elevata nel periodo la spesa della PA: +1,4% al Sud, +1,6% nel Centro-Nord.

Bene gli inestimenti, in calo le costruzioni. "In ripresa nel 2010 gli investimenti (+2,5% a livello nazionale), ma al Centro-Nord tre volte più del Sud (+3,1% contro +0,9%). A far rallentare il Mezzogiorno sono stati gli investimenti nelle costruzioni (-4,8%)", precisa la Svimez, precisando che nel biennio 2008-2010 gli investimenti nelle costruzioni "hanno segnato un calo addirittura del 16%, principalmente per effetto della crisi che ha colpito le aziende da un lato e per la contrazione degli investimenti pubblici dovuti ai tagli del Fas e alle manovre correttive".
 
Istat, occupazione grandi imprese stabile a maggio. Occupazione sostanzialmente stabile nelle grandi imprese a maggio. Rispetto ad aprile, al netto della stagionalità, rimane invariata al lordo dei dipendenti in Cig e diminuisce dello 0,1% al netto dei dipendenti in Cig. Lo comunica l'Istat. Nel confronto con maggio 2010 l'occupazione nelle grandi imprese scende dello 0,6% al lordo dei dipendenti in cassa integrazione guadagni (Cig) e dello 0,4% al netto di questi ultimi. Rispetto a maggio 2010, al netto degli effetti di calendario, si registra una diminuzione del numero di ore lavorate per dipendente (al netto dei dipendenti in Cig) dello 0,2%.

A luglio stabile l'inflazione (2,7%), ma ai massimi dal 2008.
  Inflazione stabile a luglio, ferma sul livello massimo da novembre 2008. In questo mese - comunica l'istat - i prezzi al consumo sono cresciuti del 2,7% rispetto a luglio dell'anno scorso, segnando lo stesso incremento annuo di giugno. Nel confronto con giugno, invece, c'è stato un aumento dello 0,3%. L'inflazione acquisita per il 2011 - aggiunge l'istituto di statistica - è pari al 2,5%. L'inflazione di fondo, calcolata al netto di beni energetici e alimentari freschi, si stabilizza al 2,1%. Il principale effetto di sostegno alla dinamica dell'indice generale, a luglio, deriva dall'aumento congiunturale del 2,0% dei prezzi dei beni energetici,  che determina una netta accelerazione del loro tasso tendenziale di crescita (10,7%, dal 9,3% di giugno). Un impatto significativo deriva anche dal rialzo congiunturale dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+1,9%). Per contro, il principale effetto di contenimento, si deve alla diminuzione sul mese dei prezzi dei beni alimentari non lavorati (-2,6%). Sulla base delle stime preliminari, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (ipca) diminuisce dell'1,7% rispetto al mese precedente e aumenta del 2,1% rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (era +3,0% a giugno). La netta decelerazione del tasso di crescita tendenziale è in parte imputabile alla nuova metodologia di calcolo degli indici dei prezzi dei prodotti stagionali adottata a partire da gennaio 2011 in applicazione del regolamento europeo.

(29 luglio 2011)

31/07/2011
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