10 anni fa l'addio a Fabrizio De André. Non aveva battuto ciglio quando seppe del tumore. "La morte verrà all'improvviso, avrà le tue labbra e i tuoi occhi, ti coprirà di un velo bianco addormentandosi al tuo fianco..." (1967).
ANNIVERSARI - L' 11 gennaio 1999 è una delle date più tristi della musica italiana: a Milano moriva per un tumore Fabrizio De André, l'artista che più di ogni altro nel nostro Paese ha dato al termine di cantautore un significato universale.
La sua eredità artistica è incalcolabile e va ben al di là dell'influenza sui suoi contemporanei e sulle generazioni successive alla sua: Faber, il soprannome usato dai suoi amici più cari, anche a dispetto della sua personalità schiva, è stato un maitre a penser, un personaggio che ha cambiato il modo di fare musica in Italia pur tenendosi lontano dalla tv, dalle più grandi manifestazioni musical-popolari, incidendo relativamente poco ed esibendosi in pubblico con proverbiale parsimonia.
Non è un caso che I primi a riconoscerne la grandezza siano I suoi colleghi che non mancano di rendergli omaggio come accadrà domenica 11 gennaio nello speciale di Che tempo che fa in cui alcuni dei più importanti interpreti della canzone italiana canteranno le sue canzoni. De André è stato un esempio di coerenza e di curiosità musicale che, come I suoi amici della "scuola Genovese", è partito dall'amore per Brassens e Brel per approdare, nella maturità, in anticipo sui tempi, a una sintesi musicale che figure come David Byrne, che ha un'ammirazione sconfinata per Creuza de ma, hanno definito world music.
Dopo aver preferito la musica a una più comoda scelta di figlio dell'alta borghesia industriale e i primi soldi guadagnati grazie alla Canzone di Marinella cantata da Mina, con i primi dischi Tutto Fabrizio de André, Tutti Morimmo a stento e La buona novella ha fatto scoprire al mondo musicale italiano gli "ultimi" della società, I diseredati,le prostitute e i marginali e una lettura del cristianesimo lontana dalla dottrina ufficiale.
Con Non al denaro, non all'amore né al cielo, che é del 1971, libero adattamento delle poesie dell'Antologia di Spoon River ha firmato uno dei must della canzone d'autore italiana. Pur rimanendo fedele alle sue tematiche, De André è stato un osservatore attento e originale dell'attualità, dai tempi del maggio francese e del '68 fino all'aborto, l'omosessualità, la camorra (Don Raffaé), arrivando a tracciare un parallelo tra gli indiani americani e il popolo della Sardegna, la sua seconda terra, descritti come vittime della colonizzazione.
Quando negli anni '70 ha accettato di andare in tourne'e, vincendo la sua allergia per il palco, ha lasciato ricordi straordinari, impossibile non citare almeno quelli con La Pfm, fissati in due live di grande successo e il tour di Creuza de ma. I dischi della seconda fase della sua carriera sono legati alla collaborazione con Massimo Bubola e a quella con Mauro Pagani con il quale ha compiuto lo straordinario viaggio nella cultura musicale del Mediterraneo di Creuza de ma e poi ha firmato, Le nuvole insieme a Ivano Fossati che partecipa anche all'ultimo album della sua carriera, Anime salve.
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