La figura di Tina Modotti rivisitata in un libro a fumetti di Paolo Cossi
Una grande rivoluzionaria
di BRUNO PINO
QUELLA di Tina Modotti è la storia di una grande donna rivoluzionaria. “Né santa né puttana, solo donna". C’è un libro, scritto - o sarebbe meglio dire disegnato - da Paolo Cossi, e pubblicato nel 2003 da Edizioni Biblioteca dell'Immagine di Pordenone, che ne racconta la vita a fumetti. "Questa - si legge in seconda di copertina del volume - è la vera storia di una donna fantastica, sospesa tra mito e realtà. L'arte, la fotografia, il cinema, gli amori, la rivoluzione vissuta sulla pelle: le esperienze di una delle più affascinanti e ammirate donne della storia fanno da sfondo a questo romanzo fumetto".
In dodici ritratti di altrettanti episodi che ripercorrono la vita della Modotti, l’autore – senza avere, come lui stesso avverte, grandi pretese se non quella di regalare qualche emozione – riesce a incuriosire il lettore ad approfondire questa figura di donna.
Tina Modotti, una donna, ma anche, come è stata pure definita, “emigrante, operaia, attrice, fotografa nel Messico degli anni venti, antifascista, militante del Movimento Comunista Internazionale, perseguitata ed esule politica, rivoluzionaria in Spagna”, nasce nell’agosto 1896 in Friuli. La sua è una famiglia proletaria in condizioni economiche molto precarie. Nel 1913, Tina seguirà il padre emigrato in America in cerca di lavoro qualche anno prima. A San Francisco comincerà a lavorare in una fabbrica tessile, ma poi il richiamo dell’arte la spingerà verso il teatro e poi, nel 1920 – dopo essersi sposata con il pittore Roubaix "Robo" de l'Abrie Richey e stabilitasi col marito a Los Angeles - approda al cinema con l’interpretazione magnifica come protagonista nel film “The Tiger’s Coat” di Roy Clemens. La relazione con Edward Weston, amico del marito e fotografo, la fanno però avvicinare sempre di più alla fotografia. Una passione artistica a cui si voterà totalmente in Messico, dove sceglie di vivere assieme a Weston, dopo la morte del marito Robo e quella del padre.
In Messico, oltre alla fotografia, scopre forte la passione per la politica. È il 1928 quando entra a far parte del Partito Comunista Messicano; ed è anche l’anno in cui nasce – dopo la relazione con il pittore indio Xavier Guerrero, membro del comitato centrale - un nuovo amore per il rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella, conosciuto durante le dimostrazioni a sostegno di Sacco e Vanzetti. Da lì a poco, nel giugno del 1929, Mella sarà assassinato davanti a suoi occhi, per ordine del dittatore di Cuba Gerardo Machado. Una morte che le cambierà radicalmente la vita. Anche lei arrestata ed espulsa dal Messico, perché accusata nel febbraio 1930 di essere la mandante intellettuale del tentato omicidio del presidente messicano Pascual Oritz Rubio, inizierà a vivere tra Olanda, Germania e Russia dove c’è Vittorio Vidali, nuova fiamma di Tina. A Mosca assieme a Vidali lavora per Stalin: intrighi internazionali, missioni di propaganda ecc. Nel ’36, con l’inizio della Guerra civile spagnola, Tina sotto il nome di Maria viene mandata in Spagna nelle Brigate internazionali, e qui conoscerà, tra gli altri, Robert Capa ed Hemingway. Tornata in Messico, alla fine degli anni ’30, lavora come traduttrice. Il 5 gennaio 1942, Tina Modotti muore in un taxi, da sola. Era andata via da poco dalla casa dell’architetto Hannes Mayer, dove si era tenuta una cena d’addio tra lei e Vidali, che ora stava con Isabel Carbajal. Ufficialmente si trattò di attacco cardiaco ma per alcuni di omicidio dietro al quale si sospettò ci fosse Vidali, perché La Modotti poteva "sapere troppo" delle sue attività in Spagna (c’erano delle voci, ad esempio, che parlavano di circa 400 esecuzioni).
Oggi, Tina Modotti riposa nel grande Pantheòn de Dolores a Città del Messico. E sulla sua tomba campeggia un epitaffio di Pablo Neruda.
“Quando sento parlare di Tina Modotti – scrive nel libro Paolo Cossi – non vedo il mistero della sua morte ma il coraggio della sua vita”.
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