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Le parole ed i numeri. Potrà mai questa finanziaria essere credibile? I numeri smentiscono le parolePotrà mai questa finanziaria essere credibile? I numeri smentiscono le parole.Tra gli innnumerevoli strumenti di comunicazione a nostra disposizione due sono particolarmente efficaci: le parole ed i numeri. Sono due strumenti molto diversi nelle funzioni tanto da sembrare antitetici. Non voglio certo fare una disamina semiologica in questa sede, ma due caratteristiche saltano subito agli occhi. Le parole sono elastiche mentre i numeri sono rigidi. Se dico che oggi fa caldo non do un'idea molto precisa della mia sensazione. Resto nella mia soggettività e relatività e nessuno saprà mai esattamente fino a che punto sto raggiungendo la mia tollerabilità. Ma se dico che oggi il termometro segna 35 gradi allora la mia idea diventa molto più rigida e precisa perchè il numero 35 non è nè 34 e nè 36, sta lì inchiodato davanti a me e non lascia spazio alla mia libertà di immaginazione. Ci sono cose che possiamo esprimere con semplici parole ed altre che invece abbisognano dei numeri. Io, un po per deformazione professionale ed un po per naturale inclinazione ho maggiore dimestichezza con i numeri non disdegnando certamente le parole che servono per incantarci di fronte allo splendore del mondo. Tra le cose che dobbiamo trattare con i numeri c'è la nostra finanziaria in annoso ed ansioso esame al Parlamento. Ma sia i giornali che i telegiornali ce la raccontano a parole soffocando così la precisione e la bellezza del numero. Per questo mi sono deciso di tradurre le parole in numeri. Il nostro debito pubblico è ormai stato strombazzato ai quatrtro venti ed il mondo intero sa che ammonta a 1.900 miliardi di euro. Su questa cifra ogni anno lo stato deve pagare un saggio di interesse medio di poco più del 4%. La mia calcolatrice mi presenta un risultato di 76 miliardi che vanno pagati ogni anno sempre che il debito non aumenti. I politici nostrani con tutti i loro consulenti si stanno affannando a trovare solo 45 miliardi di cui una parte è una tantum. È ragionevole domandarsi come e quando pagare il resto?. Secondo i manuali di scuola un'azienda che ha questo problema ( pagare i debiti ) deve fare sì che le entrate superino le uscite. Di quanto? Secondo i calcoli più accreditati occorrerebbe un avanzo nel bilancio di esercizio di circa 5 punti percentuali. Ma questo è solo un sogno che si dovrebbe realizzare alla fine del 2013. Intanto il debito avrà raggiunto la rispettabile cifra di 2.000 miliardi. In questa ipotesi rosea il rapporto del notro debito sul PIL sarà ancora del 118%, troppo per essere credibili di fronte ai risparmiatori ed ai mercati. Per arrivare au un rapporto del 85% e respirare come Francia e Germania dovremmo attendere il 2019 sempre che l'inflazione si manterrà ferma al 2,5% ed il nostro PIL crescerà del 3% ogni anno. Tutto è possibile ma attualmente è una congiuntura che non si verifica in nessun paese europeo. In buona sintesi per impedire che il debito aumenti ci dovrebbe essere ogni anno un surplus di bilancio di 76 miliardi di euro. Nella misura in cui questo sgravio non si verifica si riverserà un uguale peso sulle generazioni future. Ai tempi della lira si ricorreva alla manovra della svalutazione ed il debito galoppò all'impazzata. Ai tempi dell'euro l'ulica alternativa è pagare. La condanna dei numeri non lascia scampo, per questo sono terribili e sublimi. Roosvelt diceva che la differenza tra i politici ed i politicanti sta nel fatto che i primi pensano alle prossime generazioni e gli altri alle prossime elezioni. Intanto i cittadini potrebbero regalare una calcolatrice a testa ai nostri governanti. 30 agosto 2011 Eugenio Medaglia 30/08/2011 23:24:54 |
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