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Ipg,lettera di protesta al direttore di RepubblicaAssunta Signorelli scrive al direttore di RepubblicaL'istituto non è più quello descritto dai giornali, notizie distorte o incompletePubblichiamo di seguito la lettera del Commissario Giudiziario Assunta Signorelli, che da tre anni coordina l'IPG su incarico del tribunale di Paola, indirizzata al direttore responsabile di Repubblica Ezio Mauro. ***Gentile direttore, le scrivo in relazione all’articolo comparso oggi sul Suo giornale dal titolo “Sparizioni e sospetti omicidi sui monti calabresi un ospizio degli orrori”. Ho una domanda da porle, domanda che potrà sembrare pleonastica ma che voglio, comunque, farLe: “ Perché proprio ora”? Le notizie riportate sono notizie vecchie e macinate. Già nel 2006, il Forum Salute Mentale Nazionale, come da sempre fa in riferimento ai nuovi contenitori che hanno sostituito i manicomi, aveva denunciato le condizione delle persone ricoverate e lavoratrici dell’IPG XXIII di Serra D’Aiello(Cosenza), ma allora la cosa non suscitò interesse: il destino delle persone “senza” (diritti,lavoro, casa, affetti, documenti e così via) non è notizia “in sé” , lo diventa solo quando sostiene interessi e convenienze di chi “senza” non è dal momento che ha tutto, potere politico, mediatico ed economico. Sono consapevole che la cosa non è del tutto vera. Quella denuncia fu accolta da qualche protagonista di quella che sembrava poter essere la “stagione del riscatto della Calabria”. Il Centro Sinistra aveva vinto le elezioni e dichiarava di voler assumere la sanità calabrese come questione centrale da affrontare nella direzione di una sua riorganizzazione e legalizzazione:efficacia ed efficienza dei servizi pubblici, controllo e attenzione di quelli privati, riconoscimento e rispetto del “diritto alla cultura” per la cittadinanza dovevano essere le parole d’ordine del nuovo corso. Fui tra quelli che cedettero a questa promessa, perciò oggi mi ritrovo ancora qui, per conto del tribunale di Paola (Cosenza), ad avere la responsabilità della Direzione Sanitaria dell’Istituto Papa Giovanni. Non mi soffermerò sul lavoro svolto in questi tre anni: mi limito a riportare il dato che questo lavoro ha sempre tenuto presente la necessità di rispondere alla domanda di legalità e rispetto che le persone ricoverate e il personale poneva no alle istituzioni tutte, dalla Chiesa ai governi locali e centrali, passando attraverso i tribunali, la sanità e la politica dal momento che a loro deve ricondursi la responsabilità della condizione de degrado e miserina nella quale i ricoverati ed il personale ( per anni a mezzo o senza stipendio) sopravvivono da più di dieci anni. Questa necessità si è inverata in una pratica collettiva: le persone accolte non vivono più in reparti sovraffollati, hanno la possibilità di usufruire del loro denaro, alcune, circa trenta, abitano in piccoli alloggi dignitosamente arredati e tutte, nessuna esclusa, ricevono cure ed assistenza secondo le loro necessità. La revisione della situazione giuridica delle singole persone (interdette o in amministrazione di sostegno ) ha prodotto, fra le altre cose, la nomina di amministratori di sostegno appartenenti al mondo del volontariato e della cooperazione sociale che hanno attivamente partecipato al lavoro di riabilitazione. Certo permangono i problemi strutturali più grossi, ma se si pensa che tutto è avvenuto senza un aumento di spesa, non si poteva fare di più! Quanto precede non fa notizia così come l’azzeramento del processo terapeutico riabilitativo, la deportazione delle persone ricoverate in luoghi, forse meno vetusti ma ugualmente escludenti, le famiglie del personale dipendente sul lastrico, non è cosa che merita un rigo di giornale! E questo fino ad arrivare alla fase attuale quando, a fronte della conclusione del procedimento giudiziario, altro non resta se non il fallimento e la chiusura definitiva dell’istituto con le persone ricoverate trasferite in altre strutture private del territorio e il personale sottoposto a trattamenti i più diversi: cassa integrazione, lavoro precario o “precariamente” garantito, secondo uno schema ben noto in questo nostro paese. Di quanto precede non si fa cenno nell’articolo in questione, del fatto che da dieci giorni si dia per imminente un sgombero forzato dell’Istituto ( si vocifera di circa mille poliziotti pronti ad intervenire) che alternativamente dovrebbe interessare il personale, le persone ricoverate o tutti insieme appassionatamente, non c’è riscontro alcuno. S’informa solo di quanto accaduto nel passato:che importa, poi, e chi legge pensa che questo continui ad accadere e, così, chi sgombero e chiude ci fa pure una bella figura! Dietrologia perversa di una psichiatra la mia? Non credo ed il riscontro l’ho avuto nelle numerose telefonate ricevute dai luoghi più diverso: volevo sapere cosa stava succedendo al Papa Giovanni! Il battage mediatico di martedì 10 marzo ( da Mediaset alla RAI tutti hanno confuso e sovrapposto i tempi ) ha oscurato l’attualità e riportato un passato ormai superato facendo il gioco di chi tratta i “senza” come mere di scambio e la classe lavoratrice come zavorra inutile e fastidiosa! Cordialmente Assunta Signorelli Serra D’Aiello 11-03-2009 11/03/2009 |
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