LA GIOCONDA ed il suo stesso autore Leonardo da Vinci, di cui ricorreva l’anniversario della morte (avvenuta nel 1519) il 2 maggio u.s., sono sempre stati due argomenti prediletti dagli studiosi.
C’è chi ha sempre creduto che la protagonista del dipinto più celebre del mondo conservato al Louvre fosse la Monna Lisa, ovvero la fiorentina Lisa Gherardini, moglie di Francesco Bartolomeo del Giocondo, come ci ha tramandato il Vasari; e chi invece ritiene che la donna fosse la lombarda Bianca Sforza, figlia di Ludovico il Moro. Addirittura, c’è anche chi è convinto che il viso della Gioconda appartenesse ad un cadavere, come si sostiene nel recente libro “Leonardo nascosto” di Valeria Botta, edito da Fermento editore.
In "Gioconda: il volto e l’anima" di Ernesto Solari, pubblicato di recente da Aisthesis, per sostenere la tesi della “Gioconda lombarda”, l’autore si basa su alcune notizie contenute nel Codice Atlantico della Pinacoteca Ambrosiana. Secondo Solari, il dipinto “rappresenta in metafora il percorso che un cristiano deve compiere per giungere alla redenzione”. Pertanto, Leonardo non sarebbe stato un ateo. Anzi, il “mirabile e celeste” Leonardo era invece munito di una forte spiritualità e sarebbe stato vicino a movimenti le cui tesi si basavano su testi apocrifi. In particolare, la tesi del libro tende a confutare le suggestioni contenute nel bestseller “Il Codice da Vinci” di Dan Brown (di cui è in uscita il film proprio oggi). Leonardo non era dunque una sorta di gran maestro del Priorato di Sion, ma al contrario, come testimoniano la particolare struttura compositiva della Gioconda ed i simboli del dipinto, aveva “una sua forte dimensione spirituale e mistica” che si può accomunare “al credo dei neoplatonici fiorentini, come Pico della Mirandola, che avevano operato una sintesi tra cristianesimo e gnosticismo ebraico”.