Rubrica: I nostri soldi. Di E. Medaglia.
LA CINA E' VICINA. I rapporti commerciali tra Cina Italia ed Europa possono portare il paese del Sol Levante verso la realizzazione dei diritti umani e la conquista della democrazia?
Negli anni 70 nelle piazze italiane ed europee si gridava “La Cina è vicina”. Grandi serigrafie di Mao Tse Tung venivano inalberate imponenti da agitatori che urlavano forsennati. Erano gli anni della contestazione e nulla ieri faceva presagire come il mondo sarebbe diventato oggi. In realtà allora ad essere vicina era l’America di Nixon. Il commercio italiano dell’import in gran parte proveniva dagli USA mentre la Cina allora era veramente lontana. Chi avrebbe detto che gli eredi di Mao ed i figli dei contestatori di allora avrebbero reso attuali gli slogan urlati nelle piazze italiane? A ricordarci questa vicinanza è venuto dal levante il premier del Consiglio di Stato della repubblica Popolare Cinese, Li Keqiang, ricevuto con grandi onori dal nostro Presidente del Consiglio. Il premier cinese si è profuso in lodi senza pari sulla maestosità della Roma antica e sulla magnificenza dell’Italia rinascimentale. Poi è venuto al dunque. Il commercio italo cinese è molto antico e ci è stato ricordato che inizia con Marco Polo con la scoperta della via della seta. Poi le strade dei due paesi hanno conosciuto destini diversi e negli anni 70 in Italia, della Cina, avevamo solo o quasi il libretto rosso di Mao. A rappresentare ridicoli interessi italiani in Cina c’era uno sparuto gruppetto della sinistra extraparlamentare italiana che faceva testa a “Servire i Popolo “ , gruppetto stalinista degli anni 70. Erano gli anni della Rivoluzione Culturale, delle Comuni e della Rieducazione Popolare Oggi, ci ricorda il premier cinese, il commercio reciproco ha raggiunto la considerevole cifra di 23 miliardi di dollari. Un anno fa era quasi la metà. La Cina ha bisogno dei nostri prodotti ad alta tecnologia e riversa nel nostro paese prodotti manifatturieri a basso costo. Nelle riunioni di questo tipo i problemi politici e i diritti umani non sono mai sul tavolo delle discussioni. Gli affari hanno il predominio su tutto. In Europa lo sviluppo della democrazia è proceduto di pari passo con lo sviluppo del capitalismo. È stata la rivoluzione industriale a veicolare le idee illuministe sull’ eguaglianza e sui diritti umani, a riprova del fatto che le idee si pensano col cervello ma camminano sulle gambe. Nessuna conquista politica è stata calata dall’alto se non si sono verificati risultati concreti ottenuti sul terreno. Mi viene in mente l’emacipazione delle donne. Solo dopo la prima e la seconda guerra mondiale in Europa l’emancipazione femminile è diventata realtà. Proprio perché fu riconosciuto alle donne il grande ruolo avuto durante la prima guerra come lavoratrici libere ed indipendenti e durante la seconda come pilastro fondamentale nelle lotte di liberazione. Finchè non si verifichino concrete condizioni storiche non si danno rivolgimenti politici. La sensazione che il presidente Li ha voluto dare sembra essere proprio questa, a sentire autorevoli commentatori. L’interscambio economico favorisce sicuramente quello culturale e politico. In questo quadro il ruolo che l’Italia può recitare diventa molto interessante. Non è pensabile infatti che la Cina possa trascinare i partner italiani ed europei sulla via della cancellazione dei diritti umani. È verosimile il contrario. Ancora resta molto da fare. La Merkel è in visita in Cina almeno due volte ogni anno. Le imprese tedesche vendono in Cina strumenti per il pane e prodotti da forno almeno quattro volte più dell’Italia. Questo significa che il modello organizzativo italiano non consente di arrivare oltre un certo piccolo limite. In questo senso la politica deve fare la sua parte e non è possibile lasciare spazi di così vasto interesse all’iniziativa di pochi imprenditori dinamici.
Eugenio Medaglia.
19 ottobre 2014