Rubrica: I nostri soldi. Di E. Medaglia
RUBRICHE - Al punto in cui siamo arrivati è possibile cominciare a fare un bilancio per cercare di capire da dove siamo partiti, dove siamo arrivati e dove, presumibilmente andremo.
Quasi un anno fa, era novembre del 2011, la crisi conobbe il suo apice perchè lo spreed tra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi sfiorò quota 600 punti base. In questo modo, lo stato italiano, se avesse voluto battere cassa per avere soldi in prestito, avrebbe dovuto pagare interessi altissimi, oltre il 6%. Sei mesi prima gli interessi erano poco al di sopra del 2%. il prezzo dei nostri titoli sovrani crollò e i loro detentori perdevano anche il 20% in conto capitale. Le agenzie di rating fecero il resto rivedendo in negativo il giudizio sull'Italia e innescando, così, un diffuso clima di sfiducia circa la capacità del nostro Paese di ripagare i propri debiti. Il colpo frontale venne da un'Europa egemonizzata dagli interessi della Germania, che, per motivi lunghi da spiegare, in questa situazione, lucrava lauti guadagni. L' EBA ( organo di controllo delle banche europee ) emanò una direttiva per cui le banche che detenevano titoli di stato ( tutte ), avrebbero dovuto portare in bilancio il loro valore, non più al prezzo di acquisto o al valore nominale, ma al prezzo di mercato, che intanto era crollato. In un solo colpo tutte le banche italiane si trovarono impoverite e nella impossibilità di prestare soldi. Anzi, tutte erano nella necessità di ricapitalizzarsi e quindi di chiedere soldi, non di darne. La soluzione, semplice ma lontana, era quella di abbassare i rendimenti dei titoli di stato facendone aumentare i prezzi. Ma i prezzi non si aumentano per decreto. Il libero mercato non ubbidisce a nessuna legge imposta dall'alto. Il mercato può solo essere stimolato. La soluzione cominciò a presentarsi nel mese di luglio. Il governatore della Banca Centrale Europea, Draghi, annunciò una mossa in preparazione che zittì tutti, nella sua asciuttezza, per le parole lapidarie. Disse che la BCE avrebbe preso delle decisioni risolutive e, disse, " credetemi, sarà abbastanza ". Furono proprio queste tre parole a determinare immediatamente un'inversione di tendenza. Quale è questa decisione? La BCE avrebbe potuto comprare, in quantità illimitata e per un periodo indeterminato i titoli di stato dei paesi in difficoltà, determinando, in questo modo, l'abbassamento dello spreed, l'aumento dei prezzi dei titoli e la diminuzione del loro rendimento. In cambio, i paesi in difficoltà avrebbero dovuto prendere adeguate misure ed attuare le giuste riforme per tenere in ordine i bilanci. È il famoso fiscal compact. In questa direzione, l'Italia come sta?
Il lettore si deve sforzare ancora e deve prendere confidenza con alcuni termini. L'avanzo primario è la differenze tra le entrate dello stato ( tributarie ed extratibutarie ) e le spese sostenute. Questo serve a pagare gli interessi sul debito pubblico. Dopo di che avremo un indebitamento se la differenza è negativa o un accreditamento se il saldo è positivo. Per il 2012 l'avanzo primario dell'Italia si attesta intorno al 3,6%. Dopo il pagamento degli interessi avremo un indebitamento che si aggira attorno al 2,9%, in diminuzione sul 2011 che era al 3,5% e sul 2010 che era al 4,5%. Per farla breve, in base agli accordi raggiunti tra il nostro governo e le autorità europee, l'Italia non solo si impegna a mantenere ed aumentare l'avanzo primario, ma ad eliminare l'indebitamento che emerge dopo il pagamento degli interessi. Secondo gli accordi in un ventennio dovremmo arrivare al 60% ner rapporto deficit / PIL. Attualmente il rapporto è più del doppio. Se ci si discosta da questa linea di tendenza la BCE non solo ha la facoltà di non comprare più il nostro debito, ma vende i titoli in suo possesso innescando nuovamente la spirale della crisi (aumento dello spreed, aumento degli interessi, difficoltà ad emettere nuovi titoli, conseguente aumemnto delle imposte).
Tutte queste considerazioni significano che le linee guida della futura politica economica sono già tracciate. Il governo, qualunque esso sia, può solo scegliere come arrivare a questo risultato, ma il binario dentro cui muoversi è già stabilito. In sintesi, i vari governi nazionali hanno ceduto parte della loro sovranità in materia economica per acquistare sicurezza e stabilità. La via per arrivare ad una piena integrazione europea passa attraverso il solco della stabilità e del controllo della spesa. Sarà possibile senza scatenare conflitti sociali che aprono forze disgregatrici? La saggezza della politica ( se di questi tempi esiste ) deve dare risposta a questa domanda. La storia si incaricherà di verificare se al potere abbiamo dei policanti o degli statisti.
29 ottobre 2012 Eugenio Medaglia. eugeniomedaglia@yahoo.it