Oggi i dipendenti in Sit-in davanti all'Asp di via Alimena a Cosenza
***
La lettera
I pazienti psichiatrici non sono dei pacchi. Il paziente psichiatrico, per molto tempo, ha rappresentato, per la società, una “piaga” da isolare o, se possibile, sconfiggere. Il “folle” è stato trattato con tolleranza se non recava molestia, trattato come un criminale qualunque se aggressivo e giudicato pericoloso.
I nostri pazienti dell’ex istituto Papa Giovanni XXIII vista l’impossibilità spesso presente da parte dei familiari di una gestione continua e accurata, hanno trovato, dopo il periodo buio e di insoddisfacente assistenza subita, una nuova famiglia, in cui sono stati accolti, curati con continua supervisione, da parte di personale specializzato, nello svolgimento delle attività quotidiane e nelle necessità sociali. Dopo un lento e difficile ritorno ad un maggior rispetto della soggettività del paziente ad una normalità che ha ridonato ad ogni singolo paziente la dignità di esistere come persona e non più solo come “Malato mentale”, permettendo loro la possibilità di fornire nuovi punti di riferimento, di alleggerire il compito di assistenza alle famiglie, di attuare programmi riabilitativi personalizzati, i nostri pazienti si trovano costretti a subire un nuovo cambiamento e trasferimento dopo anni impiegati con dedizione e amore affinché Villa Igea diventasse per loro una nuova casa.
Staccare un individuo dalla propria abitazione, da nuovi affetti, ormai diventati una famiglia, significa far precipitare queste persone, già labili nel loro equilibrio psichico, in una crisi profonda e far vivere loro, per la seconda volta, un trauma difficile da superare, soprattutto trattandosi, per loro, di un ambiente accogliente e tale da aver garantito cura ed assistenza quotidiana. Gli ambienti, le persone, il mantenimento delle proprie abitudini rappresentano per ogni individuo, e per i nostri pazienti in particolar modo, gli elementi indispensabili per la conservazione di sè. Il rapporto con la propria casa, qualunque sia diventata, la propria famiglia ha sempre rappresentato, là dove questi ultimi siano adeguati e accoglienti, un importante e potente modulatore del decorso clinico della malattia. L’intento del personale di Villa Igea è sempre stato quello di mantenere ben saldi questi due elementi: l’accoglienza e la buona qualità di vita in struttura e il mantenimento, sempre vivo, del rapporto fra pazienti e familiari, per garantire quel legame che già la malattia psichiatrica ha minacciato e reso precario, rendendo possibile periodici incontri con i propri congiunti, che un ulteriore allontanamento renderebbe, per i familiari, difficoltosi.
In conclusione la nostra maggiore preoccupazione è rappresentata dalla salute dei pazienti, unico nostro reale interesse, che rappresentano, per noi, persone da rispettare, da amare, cui garantire continua cura, tutt’oggi come in questi ultimi tre anni, evitando loro l’ennesimo vissuto abbandono che si troverebbero, impotenti, a subire. Nonostante ciò l’Asp ha deciso, senza tener conto del parere dei familiari, il trasferimento dei pazienti il prossimo 1 febbraio. Si tratta dell’ennesima violenza ai danni di persone che non possono scegliere.
Laddove non dovessero emergere in tempi rapidi soluzioni alla situazione descritta risulteranno immediate le negative ricadute occupazionali in quanto la struttura sarà costretta, suo malgrado, a ricorrere ad una consistente riduzione di personale con un forte impatto in termini sociali ed economici sul territorio oltre che, prevedibilmente, di ordine pubblico.
Comitato spontaneo dipendenti
Casa di cura Villa Igea
28/01/2012