Una ricorrenza civile più sentita, più discussa, più celebrata al Sud che al Nord. Impotenti a fermare la lenta rottura dell'unità del paese perseguita, tappa dopo tappa, dalla Lega Nord, gli abitanti del Mezzogiorno stanno proiettando sulle celebrazioni dell'Unità d'Italia tutte le loro preoccupazioni e paure per un futuro che "sentono" sarà peggiore del presente; per la prima volta abbiamo la percezione che stiamo per perdere un bene finora considerato intangibile, del quale scopriamo l'importanza quasi vitale e che perciò vogliamo difendere adogni costo. Ma forseè troppo tardi, ce ne dovevamo accorgere prima; il processo di disgregazione sostanziale dell'unità dello Stato è abbastanza avanzato, fermarlo sarà molto difficile, anche perché è lo stesso Mezzogiorno a non saper trovare gli strumenti per farlo, come non ha capito che per battere il progetto leghista della secessione bisognava eleggere in Parlamento rappresentanti che si impegnavano a far fronte comune contro Bossi e tutti i suoi alleati.
Oggi è come se ci rendessimo conto che è colpa nostra se in 150 anni non siamo riusciti a imporre alle classi dirigenti e dominanti del paese la risoluzione della "questione meridionale", mentre agliabitanti delle regioni ricche sono bastati venti anni per far dare a governi e parlamenti risposte concrete alla loro fantomatica "questione settentrionale". Tutto ciò è avvenuto mentre milioni di cittadini del Sud continuavano, e continuano,asostenere glialleatidi governo di Bossi anche loro corresponsabili della distruzione dell'unità del Paese. Oggi, quando il cavallo che nasconde i guerrieri nemici è già entratonellemura dellacittàchesta per essere distrutta, i meridionali pateticamente si aggrappano alla bandiera tricolore, la sventolano dovunque, la esaltano e l'adorano, come in un rito mistico, quasi a voler espiare il loro senso di colpa o voler nascondereancora laloro stessacolpa. Se dopo il 17 marzo prossimo continueremo a essere e agire come prima, per noi questa celebrazione sarà stata vana.
Celebrare l'Unità d'Italia si deve; Perché dobbiamo prendere coscienza del pericolo incombente e capire come organizzare la resistenza possibile; Perché fermare la deriva totale del secessionismo ancora si può; Perché dobbiamo capire quanto è importante ladifesa deicontenuti della Costituzione continuamente picconati da una classe politica di plutocratiguidatida unsatrapoignorante che usa lo Stato per difendere e accrescere i suoi privilegi e quelli di nugoli di servi che lo osannano, compresi i tanti "signorsì" calabresi e meridionali; Perché è un'occasione per riflettere sui nostri errori degli ultimi 150 anni e sulle cause dell'accresciuto divario tra Nord e Sud; Perché non possiamo pensare di risolverei nostriproblemi macerandocinel rimpianto di un mitico Eldorado perduto, come fanno i neo-borbonici, falsando la storia e accentuando l'odio e il desiderio di divisione della nazione proprio come vuole Bossi al quale, indirettamente rendono servigio. Voler riproporre il mito di un Mezzogiorno ricco e progredito, le cui casse rigonfie d'oro avrebbero sanato i bilanci deficitari degli altri Stati preunitari e le cui industrie erano le più avanzate d'Europa significanon soltantoaffermare dellefalsità, peraltrogià smentite dastorici di fama quali Salvemini e Fortunato, maadditare aimeridionali unastrada sbagliata che è quella del vittimismo eterno e dell'orgoglio ferito, creando un avvitamento su noi stessi senza via d'uscita. Gli inganni vanno disvelati; sia quellodi un Risorgimento fattosoltanto di eroie martiri senza macchia e senza paura, sia quello di un regno delle due Sicilie più ricco e più avanzato degli altri Stati pre-unitari.
A tal proposito è utile ricordare ai neo-borbonici che nelle casse del regnodelle dueSicilie viera,si, piùoro che in quelle piemontesi ma quell'oro non era del popolo, non veniva usato per costruire strade, scuole o ospedali ma navi da guerra e cannoni. Nel1860 inCalabria glianalfabeti erano il 95%, in Lombardia il 60%; negli Stati sabaudi vi erano 802 km. di ferrovia, nel regno di Napoli 127 e i treni restavano fermi di domenica perché "giorno dedicato al Signore"; nelNord vierano 67.000km. distrade nel Sud 15 km. di mulattiere.
Celebrare il 150° dell'Unità ha un senso se si tenta di riconciliare ciò che si sta separando, e ciò può avvenire facendo un'operazione-verità anche sui fatti e sugli uomini. Insiemea Garibaldi,aMazzinie aCavour, ai Mille e agli eroi dei moti e delle guerre per l'indipendenza occorre ricordare anche quelle centinaia di migliaiadi meridionaliche nel1860 avevano sperato di liberarsi dal giogo dei latifondisti e che, ben presto delusi, accorgendosi di essere passati "da la furca a lu palu", si dettero al brigantaggio o lo appoggiarono. Nessuno devedimenticare cheGaribaldi conquistò facilmente l'Italia borbonica, a dimostrazione della mancanza di resistenza popolare cheinvecesi scatenòquandolaterra restò nelle mani dei latifondisti-gattopardi schieratisicon ilnuovo ordine; quando i decreti garibaldini sull'uso gratuito dei demani silani da parte dei contadini vennero sospesi dal "garibaldino" Donato Morelli nell'interesse dei proprietari preoccupati di un possibile contagio; quando le nuove tasse sui consumi introdotte dallo Stato unitario colpirono principalmente la povera gente;quandola levamilitareobbligatoria privò per 5 anni le famiglie povere delle braccia da lavoro; quando Bixio fucilò i contadini di Bronte per difendereil latifondoNelson. Fuguerra atroce, e lo fu ancor più da parte piemontese, con le leggi speciali di guerra, lefucilazioni di massa,i paesiinteramente bruciati.Pagineorribili dellanostra storia,in granparte nascoste dalla storiografia ufficiale forse per esaltare ciò che unisce e non ciò che divide o fors'anche per vergogna delle crudeltà commesse; fatti che oggi occorre far conoscere ma senzafalsi storici esenza esasperare rancori cheporterebbero acqua soltanto al mulino leghista.
È troppo facile nascondere le nostre responsabilità dietro la tesi che il Sud è povero per colpa del Nord che lo ha colonizzato e depredato, senza chiederci perché ci siamo fatti colonizzare e per colpa di quali e quanti meridionali ciò si èverificato e continua a verificarsi. Da quando è arrivato il suffragio universale noi scegliamo la nostra classe politica, periferica e centrale; ma chi, e come abbiamo scelto e continuiamo a scegliere? Forse che oggi i nostri parlamentari si battono contro le leggi che stanno distruggendo l'Unità, costruiscono lo "Stato minimo", spostano fondi europei dal Sud al Nord, introducono nuove tasse municipali eccetera?Noi continuiamoascegliere i nostri politici-gattopardi, presenti anche alle cerimonie del 150°, senza renderci conto che i gattopardi sono cittadini della peggiore specie, non agnostici ma codardi sempre pronti a stare dalla parte del vincitore per difendere patrimoni e privilegi personali e di clan, retori pubblici ed affaristi privati. Se non incominciamo afare iconti connoi stessi e con le nostre scelte sciagurate, addossare le colpe alla conquista piemontese e alle sue atrocità servirà soltanto come rimozione delle nostre responsabilità.