Lo scorso 23 febbraio ci siamo incontrate al comune di Cosenza per fare il punto sul dopo manifestazioni del 13 febbraio "Se non ora quando?". Riunioni di donne, in questi giorni, si stanno tenendo un po' dappertutto in Italia, segnalando l'apertura di una nuova stagione di confronto tra le donne e non solo. Erano tanti gli uomini presenti nelle manifestazioni del 13 febbraio e anche se non tutti si interrogano sulla "questione maschile" molti hanno avviato questo percorso di confronto tra i generi.
A New York in questi giorni si sta tenendo la 55esima sessione del CSW (Commissione sullo stato della Donna) del comitato economico e sociale delle Nazioni Unite. I lavori della commissione termineranno il 4 marzo ma alcune considerazioni possiamo farle già da ora.
Ho partecipato ai lavori preparatori della commissione a Roma e a distanza di 16 anni dalla Conferenza Mondiale sulle donne di Pechino e dalla approvazione della Piattaforma d'azione, possiamo purtroppo affermare che siamo molto lontani dall'applicazione dei suoi principi in molti paesi del mondo. In Italia, in questi ultimi anni, abbiamo assistito ad un forte arretramento sul fronte dell'empowerment delle donne (parola d'ordine fondamentale) della piattaforma di Pechino. La presenza delle donne nelle istituzioni si è ulteriormente assottigliata, mentre la disoccupazione femminile è aumentata e i principali media propongono un'immagine della donna senza dignità.
Cosa fare, quindi, per frenare questa tendenza apparentemente inesorabile, per cui vengono affermati principi alti ma sul piano operativo non vengono applicati o rimangono prevalentemente disattesi?
Credo personalmente che nell'attuale situazione si debba partire da una sorta di A, B, C, per frenare ed ostacolare questo arretramento. E' necessario presidiare e monitorare gli strumenti legislativi di cui in questi anni ci siamo faticosamente dotate per forzare e vigilare sulla loro completa applicazione.
Sappiamo bene che i saperi delle donne hanno raggiunto livelli altissimi, i centri di ricerca autonomi delle donne e i Women's Studies nelle Università hanno raggiunto livelli d'eccellenza, ma tutto questo come ha cambiato le nostre vite e soprattutto quelle delle ragazze?
Purtroppo, abbiamo risposte desolanti a questo quesito.
Per questo motivo propongo una sorta di A, B, C, e forse aggiungerei anche D, da cui partire insieme:
- proporre la redazione di bilanci partecipati e di genere a tutte amministrazioni pubbliche e alle istituzioni sensibili, (le prossime elezioni amministrative rappresentano un primo terreno di confronto su questo tema);
- Fare il punto sul lavoro svolto dalle Commissioni sulle Pari Opportunità presenti in moltissime istituzione e verificare l'efficacia dei loro strumenti;
- Progettare moduli specifici per le scuole affinché le bambine ed i bambini abbiano occasione di riflettere sulla loro differenza di genere in maniera non stereotipata;
- Creare un osservatorio specifico sul mercato del lavoro femminile in collaborazione con organizzazioni sindacali ed associazioni femminili, poiché c'è il rischio che le ragazze vivano condizioni sul lavoro assai più discriminanti delle nostre.
Credo che sia importante in questo particolare momento trovare su questi pochi punti, o magari altri più rilevanti che definiremo insieme (ad esempio l'autodeterminazione come suggerisce giustamente Lidia Menapace) un accordo tra donne diverse per biografia e per percorso, per rilanciare insieme programmi comuni sulle politiche di genere non solo per l'affermazione di nuovi diritti, ma soprattutto per la loro applicazione, implementazione e verifica dei risultati ottenuti.
E' tempo di concretezza, di mettere a punto e praticare le raffinate teorie che in questi anni abbiamo faticosamente elaborato, con l'augurio che nel percorso troveremo tante e tanti nuovi compagni di strada.
Nadia Gambilongo
Associazione MEDiterranean MEDIA