Si infittisce il mistero sul relitto di Cetraro. La ministra Prestigiacomo: non è la nave dei veleni. Per il procuratore antimafia Piero Grasso potrebbe essere un piroscafo affondato nel '43. Che però si trova altrove
di Andrea Palladino
ROMA - È ancora fitta, impenetrabile la nebbia scesa sul relitto di Cetraro. L'unica notizia - che in realtà era già stata anticipata da alcuni esperti nei giorni scorsi - è che la nave sul fondo al largo delle coste calabresi non è la Cunski. Secondo una nota del ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo i primi rilievi effettuati ieri dalla "Mare Oceano" avrebbero stabilito con certezza che lo scafo del relitto non corrisponde ai dati navali della Cunski. Una dichiarazione venuta in realtà prima della discesa del robot subacqueo - il Rov - in mare, tanto che nel primo pomeriggio i responsabili della "Mare Oceano" spiegavano ai giornalisti di non avere ancora dati per pronunciarsi.
Ieri, però, si era diffusa anche la notizia che la nave potesse essere un piroscafo affondato nel 1943, la Cagliari. A proporre questa ipotesi - durante l'audizione in commissione rifiuti - è stato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Un'informazione rivelatasi subito errata, visto che la Cagliari affondò a diverse miglia di distanza dalla zona dove la "Mare Oceano" sta effettuando le operazioni di ricerca. «Sono entrato in commissione che c'era questa ipotesi - ha poi commentato il procuratore in serata - e sono uscito che l'ipotesi era caduta. Sicuramente non è la Cagliari». Qualcuno, però, deve aver dato una informazione errata al capo della Direzione nazionale antimafia. E non si tratta di una cosa da poco. Se il relitto fosse realmente appartenuto alla Cagliari, l'intera vicenda delle "navi dei veleni" si sarebbe smontata in pochi secondi. «L'importante ora è andare avanti - ha quindi commentato Pietro Grasso - è necessario prelevare i campioni e solo dopo si potrà vedere di cosa si tratta». Prudenza, quindi.
C'è qualcosa che non torna, comunque, intorno all'intera vicenda. Questa mattina verrà sentito il collaboratore di giustizia Francesco Fonti. «Descriverà nei dettagli le navi», ha spiegato il legale. «Il mio assistito, nel memoriale, afferma di avere affondato tre navi - ha quindi spiegato il legale di Fonti, Claudia Conidi - di cui gli furono forniti i nomi, ma non ha controllato se il nome era esatto o no».
La deposizione, in ogni caso, avverrà in un momento estremamente delicato, con una serie di scontri istituzionali feroci che si sono accentuati mentre la "Mare Oceano" iniziava ad inviare i primi dati al Ministero dell'Ambiente e alla Dda di Catanzaro. Si è infatti creato un conflitto aperto tra le due commissioni parlamentari competenti, quella sui rifiuti guidata da Gaetano Pecorella, e quella antimafia, presieduta da Beppe Pisanu. Per l'ex ministro degli interni deve essere la commissione sui fenomeni mafiosi a condurre le indagini sul relitto e sulla vicenda della navi a perdere. Pecorella, da parte sua, è deciso a non lasciare la questione al collega dell'antimafia: «Il Presidente Pisanu evidentemente non ha conoscenza esatta della legge istitutiva della commissione d'inchiesta sulle ecomafie - ha spiegato con durezza - nella quale si stabilisce che la commissione stessa ha il 'compito di svolgere indagini atte a fare luce sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, sulle organizzazioni in esse coinvolte o ad esse comunque collegate, sui loro assetti societari e sul ruolo svolto dalla criminalità organizzata, con specifico riferimento alla associazioni di stampo mafioso». Lo scontro che si è aperto ieri ha coinvolto anche la magistratura. La polemica, questa volta, è partita dal procuratore Pietro Grasso, che non ha apprezzato la decisione della commissione rifiuti di porre sotto sequestro uno dei bidoni del relitto di Cetraro. L'iniziativa di Gaetano Pecorella «potrebbe in astratto e se rigorosamente interpretato, portare alle estreme conseguenze di interferire nell'attività dell'autorità giudiziaria - ha spiegato il procuratore nazionale antimafia - o menomare la competenza, o, addirittura, impedire l'esercizio dell'azione penale obbligatoria prevista dalla Costituzione». Dura la risposta - e la critica alla magistratura - del presidente della commissione rifiuti: c'è stata inerzia da parte della magistratura, ed «è grave che l'autorità giudiziaria non abbia provveduto al sequestro della "nave dei veleni" e di quanto fosse utile alle indagini così da preservare il corpo del reato», ha replicato Pecorella.
C'è preoccupazione in Calabria, di fronte alla mancanza di una vera trasparenza, come, invece, è fino ad ora avvenuto per le indagini sul sito radioattivo sul fiume Oliva. «La nave deve essere in ogni caso recuperata - ha spiegato Gianfranco Posa, del comitato Natale De Grazia di Amantea - per evitare di ricadere nell'esperienza dei quindici anni di ombre della vicenda della Jolly Rosso».