Matteo Bartocci
ROMA - Annozero non basta. All'orizzonte si profila qualche attenzione «politica» di troppo anche per Report. Anzi, potenzialmente sulla trasmissione di inchiesta condotta da Milena Gabanelli si addensa un caso di censura ancora più surreale di quello su Annozero.
A quanto si apprende, infatti, la puntata della trasmissione del 5 aprile scorso, dedicata alla «social card» e alla fallimentare politica sociale italiana, non è piaciuta al superministro dell'Economia Giulio Tremonti, intervistato a lungo all'interno del reportage di Giovanna Boursier. Da via XX settembre sarebbe partita perfino una telefonata furibonda al settimo piano di viale Mazzini. E non a caso nei giorni scorsi Angelo Maria Petroni, il consigliere di amministrazione Rai nominato direttamente da Tremonti, ha sollevato il caso Report all'interno del cda chiedendo a Masi di occuparsene. Il direttore generale, come nel «caso Vauro-Santoro», si è prontamente attivato per riparare ai malumori del governo. Prima ha visionato la cassetta dell'inchiesta «incriminata», poi ha anche chiesto informazioni sul contratto di collaborazione dell'autrice. Forse per eccesso di zelo non sapeva, o voleva accertarsene per valutare meglio eventuali contromisure, che i giornalisti di Report non lavorano per la Rai ma sono giornalisti freelance che «vendono» al servizio pubblico le proprie inchieste.
Ma non è finita qui. Come denuncia Nino Rizzo Nervo, ex direttore del Tg3 e membro del cda per il Pd, il caso potrebbe perfino finire al comitato etico di viale Mazzini. Un organismo misto costruito ad hoc solo in caso di gravi inadempienze deontologiche o comportamentali dei dipendenti.
Alla redazione di Report non commentano le indiscrezioni che li riguardano. E almeno per il momento la «scaletta» della puntata di domenica prossima sulla scuola resta invariata.
Milena Gabanelli è molto prudente: «Aspettiamo e vediamo cosa eventualmente ci viene contestato. Ognuno svolge il proprio ruolo. Masi fa il suo, io il mio, ossia curare un programma e farlo al meglio. Il resto non mi interessa. Se poi questo comitato etico prenderà dei provvedimenti li valuteremo. Non mi allarmano queste cose. Mi risulta però che Report è in cima all'indice di qualità curato dalla stessa Rai per qualità, indipendenza e accuratezza dei suoi servizi con oltre l'87% del gradimento. L'unica cosa che mi chiedo - dice la giornalista - è quale sia a questo punto il margine del diritto di critica quando un servizio giornalistico è documentato e ben supportato».
Di certo, verrebbe da rispondere, non si capisce cosa c'entri il comitato etico ventilato dalla Rai. E' una procedura usata di recente, per esempio, per giudicare il comportamento di Agostino Saccà sulle presunte raccomandazioni di attici e vallette da parte dell'attuale presidente del consiglio per Rai Fiction. Non certo i contenuti di un'inchiesta giornalistica vera sulle politiche del governo. E anche nel caso Saccà quella procedura è stata attivata soltanto alla fine di un indagine interna della Rai basata sulle indagini e le intercettazioni della magistratura. Che un ministro sospiri per un resoconto che lo riguarda non è una notizia. Ma che il comitato etico del servizio pubblico si occupi del giornalista che fa il suo lavoro e non del politico livoroso sarebbe un precedente tutto berlusconiano.