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![]() Procreazione assistita: tra embrioni e referendum![]() Tra tante indecisioni, perplessità, certezze e timori, il tempo scorre veloce e la fatidica data referendaria è sempre più vicina. Quattro saranno i quesiti su cui verrà chiesto il parere del popolo italiano. Il primo punto del referendum richiede l’abrogazione del divieto di effettuare ricerche scientifiche sugli embrioni che contengono cellule staminali (uguali a quelle contenute nel midollo osseo dell’uomo, nella placenta e nel cordone ombelicale), attraverso le quali gli scienziati mirano, e sperano, di scoprire idonee cure per malattie come tumori, cardiopatie, morbi (come l’Alzheimer e il Parkinson), considerando, anche, il fatto che il numero degli embrioni congelati, in Italia, è di quasi venticinque mila e molti di questi non verranno mai usati per l’impianto. Il secondo punto pone agli italiani di scegliere tra l’abrogazione, o meno, dell’obbligo di creare in vitro un numero di embrioni non superiore a tre e di impiantarli direttamente nell’utero materno senza ricorrere alla congelazione. Se da un lato con tale obbligo si evita la distruzione di embrioni prodotti in eccesso e che, comunque , con l’impianto di tre embrioni molte sono le probabilità di attecchimento (anche tutti e tre), dall’altro lato questo obbligo comporta maggiori rischi per la salute della donna che sarà costretta a sottoporsi a più trattamenti ormonali, aumentando i tentativi e riducendo le probabilità di riuscito impianto. Il terzo quesito referendario chiede di abrogare l’affermazione sull’equità di diritti tra embrione e persone già nate. La diagnosi pre-impianto, utilizzata anche da persone fertili, magari portatrici di patologie ereditarie, identifica gli embrioni sani da quelli malati, con il trasferimento nell’utero materno dei primi e l’eliminazione dei secondi. Questa procedura, che anticipa le conoscenze sulla salute dell’embrione, è proibita dalla legge che, comunque, non impedisce l’utilizzo dei moderni "sistemi" anticoncezionali e la pratica dell’aborto. L’ultimo quesito posto agli italiani è l’abrogazione dell’obbligo di non ricorrere alla fecondazione eterologa che consiste nel divieto di non utilizzare il seme di donatori estranei al nascituro che, di fatto, rappresenterebbero i genitori genetici . Criticata dall’opposizione e dalla maggioranza, la legge 40 è stata voluta da un largo schieramento di cattolici di destra e di sinistra e ora gli italiani, seguiti dalla lunga fila dei loro principi e delle loro idee, sono "chiamati" nello spirito nazionalista di tale termine, ad esprimere tramite un distinto SI o un distinto NO, il loro parere in merito ad un argomento che sta infuocando il panorama politico del nostro paese, e anche quello Cattolico (e non) invitato, dalla figura del cardinale Camillo Ruini, capo dei vescovi, a disertare le urne. Ma il voto è libertà, la libertà di scegliere e di decidere responsabilmente e senza condizionamenti, senza barriere. Il diritto al voto è stato la guerra vinta dei nostri padri ed è nel loro nome che non dobbiamo esentarci dall’esprimere il nostro volere, di non lasciare che siano gli altri, tra cui anche il silenzio simbolico dell’assenza, a scegliere per noi. E poi il voto è soprattutto un dovere, il nostro dovere di cittadini dell’Italia democratica che ci ha cresciuto. Il referendum è la nostra voce, una piccola voce che deve cantare nel grande concerto a cui si partecipa… non può, non deve rimanere in silenzio dopo tutto il lavoro fatto per imparare a cantare…. L’astenersi dall’andare a votare rappresenta l’espediente adatto per far fallire il referendum e, quindi, salvare la legge, lasciare che ci siano regole cliniche uguali per tutte, accettarla cosi com’è, perfetta o imperfetta che sia. Ma rappresenta anche, nella comodità di mancanza di responsabilità assunte, la perdere dell’ultima voce in capitolo, in questo capitolo che ci viene regalato. Si o No, forse Boh….. Non importa. L’importante è di non eclissarci, di esserci e di sprecare un minuto di vita per esprimere il nostro pensiero, la nostra idea, il nostro parere affinchè lo Stato dia voce alla nostra volontà. Rosanna Lepore29/04/2005 |
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