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Per l'acqua bene comune. Cinque minuti di rivoluzioneL’ultimo argine contro la privatizzazione dell’acqua sono due quesiti referendari. Il primo è l’articolo 15 della legge «Ronchi», la 166 del 2009, che prende il nome da Andrea Ronchi, l’ex ministro delle Politiche comunitarie. Una legge pomposamente definita «riforma dei servizi pubblici locali», ma che riguarda in realtà esclusivamente la modalità di affidamento della gestione dei servizi. Si tratta, in pratica, di una legge che rende [praticamente] obbligatorio il ricorso alla «gara», a partire dal gennaio del 2012. È bene ricordare, però, che la gara non è una novità; che in Italia è possibile scegliere per questa modalità d’affidamento del servizio idrico integrato fin dalla metà degli anni Novanta; e che sono numerosi i riscontri sul fallimento di questo modello. Il secondo quesito referendario, invece, pone l’accento sulla tariffa del servizio idrico integrato [e va ad abrogare un articolo del testo unico dell'Ambiente, 152/2006]. Questo secondo quesito spaventa molti tra i politici e i commentatori dei grandi media perché scopre un nodo irrisolto, mai dibattuto con la dovuta cura sui media: quali sono le modalità di finanziamento del servizio idrico integrato? Possibile che debba essere lasciato totalmente al mercato, e alle tasche dei cittadini? Eppure è così, da quando è stato introdotto il modello del full recovery cost. Ma il modello non funziona: gli ultimi sedici anni hanno palesato una riduzione assoluta degli investimenti sulla rete, e [in termini relativi] il Comitato di vigilanza sulla risorse idriche presso il ministero dell’Ambiente certifica che poco più della metà degli investimenti programmati sono stati effettivamente realizzati. Che fare di fronte a questa situazione? Federutility, l’associazione di categoria delle aziende del settore, chiede finanziamenti pubblici a fondo perduto a favore dei gestori privati del servizio. Il Comitato referendario chiede invece di riflettere seriamente sul modello e sulla composizione della tariffa. E invita, indirettamente, a ridiscutere l’esigenza di una finanza pubblica, ruolo cui istituzioni che pure esistono come la Cassa depositi e prestiti paiono aver abdicato. Fonte: Carta.org Luca Martinelli16/04/2011 10:19:46 |
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