(XVI-XVII secolo)
di Bruno Pino
L’articolo che qui pubblichiamo in questa sorta di galleria di personaggi illustri della nostra cittadina, risale al settembre 2002, quando si tenne la conferenza sul poeta con il prof. Antonio Piromalli, grande storico della letteratura italiana e calabrese (1920 - 2003), che ci ha lasciati nel giugno del 2003.
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“DI DUO Franceschi abbia la Patria il vanto /tu la spada adoprando ed io le carte /tu col valor del braccio ed io col canto”. I versi che recita Antonio Piromalli, professore emerito di Letteratura Italiana all’Università di Cassino, tra i maggiori critici e storici della letteratura italiana attualmente in circolazione - in occasione della conferenza sul poeta secentesco tenutasi il 7 settembre alla Casa delle Culture di Aiello Calabro (Cs) - fanno chiarezza sul luogo di nascita del poeta Francesco Della Valle, vissuto tra la fine del 1500 e i primi decenni del 1600. Appartenenti ad un sonetto delle “Rime” che scrisse il poeta, opera forse mai letta in precedenza con la dovuta attenzione, i versi citati da Piromalli sono dedicati all’amico Francesco di Malta, esponente di spicco di una delle famiglie nobili aiellesi, assalito dai turchi in battaglia e salvatosi eroicamente. Se la patria del di Malta era - come era - lo Stato feudale di Aiello, è logico dedurre, che anche Della Valle fosse aiellese. Anche un altro sonetto, sempre delle “Rime” che sono dedicate ad una donna della propria città natale, si rivela chiarificatore. In esso l’autore affida il compito all’amico Muzio Stefanini, aiellese anche lui, di andare a trovare la sua musa in Aiello (Là dove sotto a poco amica stella/ io nacqui e vissi i dì poco sereni/ vanne pur, Muzio, e dica all’empia/ che mia penna ha cara/ che ancor l’adoro/ e alla patria ingrata/ che suo malgrado a nome mio sia chiara.).
Ciononostante, alcuni studiosi reputano Della Valle nativo invece di Cosenza e nipote di Sartorio Quattromani. Questa tesi, trova fondamento nella dicitura riportata sulla copertina di una delle edizioni delle “Rime” (Napoli, 1617), in cui il poeta si qualifica cosentino; e anche nel sonetto che l’autore dedica alla città di Cosenza dove dice: “Nobil città, ch’al chiaro Crati in sponda; ...Come presso (sic!) il tuo Seggio ebbi la cuna”. Analizzate con attenzione, gli elementi che sostanziano la tesi della cosentinità, risultano in qualche maniera poco sostenibili. Lo Spiriti, nelle sue “Memorie degli scrittori cosentini”, ci dice, invece, chiaramente, che il Della Valle “... di cui si rinviene il nome avanti la traduzione del IV libro dell’Eneide del Quattromani” visse intorno al 1570, mentre il Nostro “pubblicò le sue poesie il 1618, e dice l’Eritreo, che morì molto giovine (probabilmente nel 1627); onde se questi dovesse riputarsi lo stesso, che il primo, avrebbe dovuto avere nel 1618 almeno li suoi settant’anni; e perciò nò potea dirsi che fosse morto assai giovine”. Parimenti, anche la menzione che il poeta fa di Cosenza nel sonetto dedicato alla Città Bruzia (presso il tuo Seggio ebbi la cuna), trova una plausibile spiegazione nel fatto che potrebbe essere stata dettata unicamente dalla gloria e dalla potenza culturale e politica che la città dei Bruzi ebbe in quell’epoca.
Per l’autorevole storico e critico della letteratura italiana Antonio Piromalli, che con una prosa semplice e gradevole ha tenuto alto e costante l’interesse del numeroso pubblico, non ci sono dubbi. Francesco Della Valle è poeta aiellese, come lo era per Benedetto Croce che nel 1910 lo inserisce nell’antologia dei Lirici marinisti.
Durante l’incontro culturale - curato dall’assessorato alla Cultura del comune, a cui hanno assicurato la partecipazione attiva la professoressa Donatella Laudadio, attivissimo assessore alla Cultura dell’Amministrazione provinciale; il primo cittadino Francesco Iacucci; e Antonio D’Elia, presidente del sodalizio letterario “F. Della Valle” di Cosenza; il professore Piromalli, ha tracciati con chiarezza il quadro storico in cui il poeta ha vissuto ed un singolare profilo del poeta. Due importantissimi documenti notarili, del 1604 e 1609, reperiti da Antonio D’Elia, che descrivono la donazione da parte del notaio GiovanPaolo Della Valle, padre di Francesco, dello Ius Patronatus dell’altare di San Lorenzo presso la chiesa di San Giuliano in Aiello, al figlio chierico che poi vi rinuncerà, forse per andare a Roma, nel 1609, ci informano che Della Valle dovesse appartenere al mondo ecclesiastico. Forse un sacerdote, diacono o chierico, durante la sua permanenza nella Città Eterna, dove visse lontano “dalla patria ingrata” (in un sonetto delle “Rime” (1618), dedicato a Girolamo Brivo, confessa di essere già da 10 anni a Roma), poteva vantare amicizie tra i più importanti personaggi dell’epoca. Sono suoi amici, il Cavalier Marino, Antonio Bruni, l’Eritreo, con cui condivide le frequentazioni all’Accademia degli Umoristi; il principe Filippo Colonna; Maurizio di Savoia, figlio di Carlo Emanuele I; il Duca Ranuccio Farnese; Roberto degli Ubaldini che sarà il suo mecenate; e, Cinzio e Pietro Aldobrandini, che lo zio, quello che diverrà Papa Clemente VIII, fa poi cardinali. Altro amico del Della Valle è il cardinale Maffeo Barberini, che salito al soglio pontificio nel 1623, col nome di Urbano VIII, si ricorderà del poeta che qualche tempo prima gli aveva dedicato alcuni sonetti, accordandogli nel 1626 – secondo Padre Francesco Russo che lo riporta dal quinto volume dei Regesti Vaticani -, una pensione sul conto del clero di Cosenza, città che Della Valle, desideroso di ritornare all’Accademia dei Costanti, reputa città di cultura.
La conferenza, tuttavia, non ha posto l’attenzione solo sugli aspetti biografici, pure importanti, soprattutto per una comunità, come quella aiellese, che come patria del Della Valle, ne riceve lustro.
Piromalli ha parlato per più di un’ora della sue poesie, raccolte ne “Le Rime”, pubblicate in due edizioni (Napoli 1617; e Roma 1622); ne “Le lettere delle dame e degli eroi” (Venezia 1622 e 1627 e Ravenna 1630) e in altre sue liriche che si trovano nella “Raccolta di sonetti d'autori diversi et eccellenti dell'età nostra” (Ravenna 1623) e in una Antologia pubblicata a Roma nel 1627, in occasione del Funerale della signora Sitti Maani Gioerida.
Lo stile, i modelli che prendono ispirazione da Petrarca, la rilevanza artistica del poeta, peraltro testimoniata da diversi studiosi come l’Eritreo, D’Amato, Spiriti, Accattatis, Croce, Getto, Tuscano, Procaccioli, lo stesso Piromalli, Crupi ed altri, che ne hanno analizzato lo stile, l’espressione e l’originalità della sua poesia, rendono giustizia ad un poeta che merita di essere studiato.
D’altronde, le diverse tesi di laurea sul poeta prodotte all’Università di Salerno e all’Unical, come quelle del giovane Alessandro Citro, che è stato il primo a studiarlo, seguito dal compianto professore Saro Contarino e poi dal professore Ordine (significativa la borsa di studio assegnatagli per la sua tesi dalla Città di Cosenza); come pure Mariangela Romano di Salerno, Annalisa Montesanti di Lametia e di Antonio D’Elia, testimoniano l’interesse del mondo accademico per questo poeta certamente non minore.