Che alle gerarchie vaticane non potesse piacere il film “Codice da Vinci”, tratto dall’omonimo best seller, è cosa a dir poco scontata; ma lor signori, rinfrescando una consolidata tradizione, sono passati, rapidamente, dal disappunto alla “scomunica”.
Dalle dichiarazioni dei cardinali Arinze e Amato emerge l’eco di un storia vaticana fatta di roghi ed elenchi di libri “peccaminosi” da mettere all’indice.
Non a caso, il cardinale Francis Arinze, pur invitando i fedeli ad adire alle vie legali, fa un neanche troppo velato riferimento alle fatwe degli estremisti islamici. A sostenere Arinze accorre l’autorevole segretario del Santo Uffizio, monsignor Angelo Amato, che alcune settimane fa, in occasione della presentazione del film a Cannes, ebbe a dichiarare: “calunnie, offese ed errori che se fossero stati indirizzati al Corano o alla Shoah avrebbero provocato giustamente una sollevazione mondiale, ma che se rivolti alla Chiesa e ai cristiani rimangono impuniti...
Penso che in questi casi i cristiani dovrebbero essere più sensibili al rifiuto della menzogna e della diffamazione gratuita” Non si può non provare un sottile senso d’inquietudine di fronte a parole che rappresentano l’ennesimo tentativo di limitare la libertà di pensiero e di espressione. Non ho letto il libro di Dan Brown, nè ho visto il film, dunque non entrerò nel merito delle due opere, ma so di certo che sono indisponibile ad accettare che in nome di Dio, o meglio dell’interpretazione del pensiero divino, illustri gerarchi vaticani di fatto istighino alla violenza, come coloro che, in un tempo non troppo lontano, lanciarono la loro fatwa contro l’empio Salman Rushdie.
Il libro di Brown, così come le vignette sull’islam, probabilmente sarà di cattivo gusto e forse contiene tesi fantasiose o eterodosse, ma tutto ciò non giustifica il pensiero e le parole di Arinze e Amato. Il Vaticano, così come la camera delle pubblicazioni del Reich e il suo ministero dell’educazione e della propaganda, ha emanato la sua inappellabile sentenza su Brown, il suo libro, il film. Adesso c’è da augurarsi che qualche invasato non raccolga l’appello e organizzi un pubblico rogo, come quello che il 10 maggio 1933 illuminò la notte di Berlino, una notte dedicata alla purificazione della cultura tedesca, in cui fu inflitta la “morte” ad oltre 20.000 libri.
Quel falò non fu organizzato direttamente dal governo nazista, ma certo la piazza fu arringata dal ministro della propaganda Joseph Goebbels. Ai gerarchi vaticani Amato e Arinze, vorrei davvero chiedere se dalle loro parole non emerga l’eco di tutti quei momenti della storia dell’umanità in cui si è ritenuto di dover purificare una società dalla “decadenza”.
Credo proprio che il regista Ron Howards potrà contare sulla mia presenza al botteghino.