Non possiamo confondere il deficit col debito. Si rischia di non capire e di piombare nell'ignoranza, la più grave sciagura umana.
Come al solito, i mercati finanziari sono in perenne fibrillazione. I Risparmiatori, o carichi di speranza lasciano prevalere l'euforia, o poerchè in preda al nervosismo si lasciano prendere dalla depressione. In buona sintesi oscillano tra l'avidità e la paura. Le norme della prudenza invitano ad avere paura dell'avidità ed ad avere un pò di avidità nella paura. Ossia non bisogna mai farsi travolgere dall'euforia e mai piegarsi alla disperazione. Coraggio e speranza sono i due elementi che ci permettono di tenere la testa a posto ed anche le tasche. Ma queste doti diventano inutili se non sono supportate dalla chiarezza delle idee che si sostanzia nella " conoscensza ". Ecco perchè mi sforzo sempre di portare qualche elemento di chiarificazione attraverso le colonne di questa rubrica.
In questi giorni si fa un gran parlare dei conti pubblici, del bilancio della stato, del pareggio di bilancio e, chiaramente dei debiti. Poichè ascolto e parlo con molte persone, soprattutto clienti ed amici, mi preme fare chiarezza su due parole che hanno la loro importanza. A dire il vero, le parole sono per me come pietre: dure ed inamovibili. Insomma bisogna saper distinguere tra debito ( dello stato ) e deficit ( del bilancio ). Anche se parliamo della mastodontica macchina statale, le persone fisiche sono il nostro metro ed il punto di semplificazione.
Uno può avere un debito ma non essere in deficit. Invece se ha un deficit qualche debito, anche piccolo, da qualche parte lo ha. Il debito generalmente si contrae, deriva da un contratto attraverso cui una parte chiede denaro ad un'altra con la promessa di restituirlo in un termine dato e con gli interessi prestabiliti. Il debito è una categoria molto conosciuta perchè una buona parte di noi è passata dalla banca per bussare a soldi ( mutui, prestiti, fidi ecc. ). Si sa che per ripagare i debiti l'unico modo è lavorare, produrre denaro e portarlo lì dove il debito è. A questo punto si affaccia la categoria del deficit. Per poter portare il denaro in banca non devo consumare tutto il denaro prodotto. Devo sottrarre qualcosa ai miei consumi e bisogni e creare quello che viene chiamato " surplus di esercizio ". Non è una parola grossa, è ciò che ho risparmiato e che mi permette di pagare una parte del mio debito. Se invece non riesco a risparmiare e la mia situazione economica è deficitaria ( attenti alla parola ) non riuscirò a parare il mio debito che, per effetto degli inresessi, aumenta. Diciamo che oltre ad avere il debito sono anche in deficit e per giunta col debito aumentato. Quindi abolire il deficit è la precondizione per pagare i debiti. In più, non mi basta arrivare al pareggio di bilancio ( entrate = uscite, tanto guadagno, altrettanto spendo ). Devo creare sempre quel famoso surplus. Infatti, nonostante i tagli, il debito dello stato è aumentato.
Ora, con questi occhiali chiarificatori, cerchiamo di vedere la luce. Il governo italiano ha promesso che nel 2013 arriverà al pareggio di bilancio ( elimina il deficit ) e non al risanamento del debito, che rimane inchiodato a circa 2.000 miliardi di euro. Nel 2014 si cercherà di creare un surplus e solo dopo si procederà a ripianare i debiti. Il vero problema è lì. Queste di oggi sono solo schermaglie e manovre preparatorie che si pongono il problema ma ancora non ci mettono le mani. Il poeta greco Esopo tramandatoci dai latini direbbe: Hic Rhodus, hic salta. Qui è Rodi e proprio qui ti voglio vedere saltare. Uno si era vantato di aver fatto a Rodi un salto eccezionale, ma non aveva i testimoni. Non c'è bisogno di testimoni, immagina che qui sia Rodi. Salta. Tutti noi sappiamo benissimo che per riuscire a pagre i debiti, non basta risparmiare. Bisogna lavorare e produrre. Gli economisti dicono che il PIL deve aumentare. I plotici dicono che servono misure per la crescita. Noi, più semplici diciamo che serve il lavoro ossia l'esatto contrario della disoccupazione. Credetemi, tutto il resto sono chiacchere, tra l'altro vuote.
28 ottobre 2011.
Eugenio Medaglia
eugeniomedaglia@yahoo.it