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Sei in /Rubriche/Antonio Turano/Articolo 18 un po’ di chiarezza

In queste ore dopo la proposta del Governo si fa più insistente il dibattito sul tema Lavoro. Articolo 18: un po’ di chiarezza

Da un po’ troppo tempo ci si sta facendo prendere la mano dall’art. 18: si sentono fesserie, ideologie, tabù, mantra, maledizioni ancestrali, sospetti, incuici, profezie maya, ecc ecc. E’, perciò, il caso di dare un senso più chiaro ai discorsi dei “professori” e dei “politici”!!!

Innanzi tutto, “l’art. 18″ cui ci si riferisce è quello dello statuto dei lavoratori (l. n. 300 del 20 maggio 1970*). Si intitola “reintegrazione sul posto di lavoro” e disciplina le conseguenze in caso di licenziamento illegittimo (perché effettuato senza comunicazione dei motivi, perché ingiustificato o perché discriminatorio) nelle unità produttive con più di 15 dipendenti (5 se agricole). Inoltre esso si applica anche alle unità produttive che occupano meno di 15 dipendenti (5 nel caso di imprenditore agricolo) se l’azienda occupa nello stesso comune più di 15 dipendenti (5 se agricola) e in ogni caso se l’azienda occupa complessivamente più di 60 dipendenti. Contrariamente a quanto si afferma comunemente, esso non dispone che il licenziamento sia valido solo se avviene per giusta causa o giustificato motivo. Tale principio, che era (almeno in parte) già stato riconosciuto dall’art. 2119 c.c. per i contratti a tempo determinato e per i licenziamenti senza preavviso, è sancito dall’art. 1 della legge 604/1966 per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato. L’articolo 18 dispone invece che, in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore sia reintegrato nel posto di lavoro. In alternativa allo stesso lavoratore è concessa la facoltà di optare per il risarcimento del danno.

Articolo 18

In sostanza, perciò, l’art. 18 impedisce al datore di lavoro di licenziare liberamente, senza giusta causa, il suo dipendente. Non sembra certo un “fosso ideologico”, un ostacolo alla modernità, un imput alla crisi, come qualcuno vorrebbe far credere. Esso rappresenta, indubbiamente, invece, un segno di civiltà... una faticosa conquista della storia per i lavoratori e le lavoratrici... una norma imprescindibile per la contrattazione all’ingresso ed il sereno svolgimento del proprio compito.

Chi dice di volerlo modificare (in senso distruttivo, cioè dando ai datori di lavoro maggiore libertà di "sbarazzarsi" del dipendente, anche senza valide motivazioni), chi ne fa una battaglia ideologica (soprattutto pseudo-sindacalisti, il centro-destra ed i tecnocrati, ndr.), chi dice che “se ne può parlare” (ce ne sono tanti pure nel centro-sinistra) – anche se lo fa col sorriso (beffardo e sornione) sulle labbra e la fronte (fintamente) accigliata – sta minando le fondamenta della società, offendendo le migliaia di persone che hanno lottato, nel corso degli anni, per questi diritti che oggi diamo per scontati e mortificando l’intelligenza degli elettori di ogni estrazione.

Anzi, correggiamo pure il tiro, DISCUTIAMONE... ma solo se lo estendiamo a tutti i lavoratori e le lavoratrici che ancora non ne beneficiano, se ne facciamo il baluardo dell’equità professionale, se ne facciamo una battaglia non più meramente ideologica ma tra ciò che è giusto, corretto e moderno (il mantenimento e il rafforzamento di un diritto) contro ciò che è sbagliato, critico e repressivo (la cancellazione di una delle poche certezze dei dipendenti).

Alla fine dei conti: come ca*** sarebbe possibile risolvere la crisi economica (la questione è sempre quella) se più persone hanno la possibilità di perdere l’occupazione più facilmente ??? Tutt’al più accadrebbe il contrario... la crisi si acutizzerebbe, immancabilmente, se ci fossero, di botto, più disoccupati e cassintegrati. Il lavoro non si incentiva facendo in modo che molti perdano ciò che hanno, ma abolendo certe becere forme di assistenzialismo, creando nuove opportunità e nuovi spazi di innovazione ed intesa, valorizzando le opportune potenzialità.

La verità è che la discussione sull’art. 18 è solo una facciata, triste e pericolosa (se dovesse essere demolito)... si sta girando rovinosamente intorno al problema, si sta procrastinando la discussione sui temi davvero importanti... solo per abbandonarsi alla facile demagogia, per mantenere il discorso politico ed economico sempre, infruttuosamente, in bilico... per evitare di perdere il consenso degli industriali (anzi, per lo più, di alcuni sfruttatori criminali - Marchionne - che esternalizzano le imprese in luoghi dove la manodopera costa meno, perchè meno tutelata: Cina, Brasile, India, Croazia, ecc)... per evitare di ammettere il fallimento del liberismo sfrenato e del capitalismo super-consumistico... per seguire, ancora, i dogmi disperati del gotha europeistico che – non pago di tutti gli errori fatti, a partire dalla crisi economico-finanziaria post11 settembre 2001 – pretende di continuare ad insegnare all’economia reale come (non) comportarsi ed al mercato come rilanciarsi in un nuovo medioevo di sfruttamento e disparità.

 

* Chi vuole può trovare il testo completo su: http://it.wikisource.org/wiki/L._20_maggio_1970,_n._300_-_Statuto_dei_lavoratori

21/03/2012
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